Monza: la sorella di Lea Garofalo ha diritto ai risarcimenti ma nessuno glieli paga

Né gli assassini, né il Fondo per le vittime di mafia dello Stato: nessuno paga i risarcimenti stabiliti dal tribunale a Marisa Garofalo, sorella di Lea, testimone di giustizia uccisa e poi bruciata a Monza.
Monza: fiaccolata in memoria di Lea Garofalo nel 2015
Monza: fiaccolata in memoria di Lea Garofalo nel 2015 Fabrizio Radaelli

Nessuno risarcisce la sorella di Lea Garofalo, la testimone di giustizia uccisa dalla mafia e bruciata in un bidone in un campo di San Fruttuoso, a Monza, nel novembre 2009. Ne dà notizia il Corriere della sera, che ha raccolto le parole dell’avvocato di Marisa Garofalo, Roberto d’Ippolito, per denunciare quanto accade a distanza di quasi dieci anni dalla sentenza della Corte di cassazione che ha ratificato la colpevolezza di quattro persone per l’omicidio, incluso il marito di Lea.

In sede civile il tribunale di Milano ha stabilito il pagamento alla sorella, per danni non patrimoniali, di 120mila euro. Ma i condannati risultano nullatenenti e allora spetterebbe al Fondo di solidarietà per le vittime di mafia, del ministero dell’Interno. Che, però, sostiene che non sono dovuti alla sorella Marisa per la sua “stretta contiguità della famiglia con la criminalità organizzata di Petilia Policastro”.

Per il Viminale, scrive il Corriere, la sorella di Lea Garofalo non ha mai manifestato l’intenzione di dissociarsi dalla ’ndrangheta prima dell’omicidio della sorella e questo sarebbe un ostacolo al pagamento del risarcimento. L’avvocato della donna, al contrario, sottolinea come Marisa Garofalo sia incensurata e non abbia frequentazioni con pregiudicati ma, al contrario, è impegnata per il mantenimento della memoria della sorella e in attività di sensibilizzazione contro le mafie.