Il James Webb Space Telescope quasi a destinazione: «Così scopriremo i segreti dell’universo»

C’è anche la monzese Camilla Pacifici nel team del più importante progetto spaziale mai realizzato: il James Webb Space Telescope, ormai quasi a destinazione. «Scopriremo com’era l’universo appena nato. Rivoluzionerà l’astronomia».
Come sarà il James Webb Space Telescope arrivato a destinazione
Come sarà il James Webb Space Telescope arrivato a destinazione Esa/Nasa

Ci sarà quello che la scienza si aspetta di vedere. e poi «ci sarà tutto quello che non ci aspettiamo. Le scoperte che ora non possiamo neanche immaginare rivoluzioneranno l’astronomia. JWST ha strumenti senza precedenti per rilevare pianeti extrasolari e studiarne le atmosfere. Magari si scopriranno altri pianeti che possono ospitare la vita». JWST è la sigla del James Webb Space Telescope, il più grande telescopio mai costruito, partito dalla terra il giorno di Natale e ora quasi a destinazione. A 1,5 milioni di chilometri dalla Terra.

A raccontare la sua nascita e la sua missione è Camilla Pacifici, astrofisica di 37 anni cresciuta tra Monza e Vedano al Lambro prima di partire – lei sulla Terra – per un lungo itinerario di studi internazionali che l’hanno fatta allunare negli Usa. Da Baltimora oggi è “Instrument scientist for NIRISS on the James Webb Space Telescope (JWST) and project scientist for the JWST data analysis tools: qualcosa come scienziata dello strumento NIRISS (Near infrared imager and slitless spectrograph) per il JWST e scienziata di progetto per lo sviluppo di software di analisi dati.

Il James Webb Space Telescope quasi a destinazione: «Così scopriremo i segreti dell’universo»
Camilla Pacifici durante la costruzione del telescopio spaziale


Una settimana fa il Webb Space Telescope risultava a metà strada: dove va e perché?

«Va al punto Lagrangiano L2. Questo è un punto nel sistema solare dove un satellite puo’ mantenere una posizione stabile rispetto alla terra e al sole. L2 si trova a circa 1.500.000 km dalla Terra (in direzione opposta al sole) e JWST ha già coperto 90% della distanza».




Perché è così importante?

«JWST è un telescopio rivoluzionario. Innanzitutto è il telescopio più grande nello spazio con i suoi 6 metri e mezzo di specchio primario. In più è stato costruito per poter osservare nell’infrarosso e quindi con un sistema criogenico e lo scudo solare per mantenere gli strumenti freddi. Lo specchio grande permette di collezionare molta luce e quindi poter rilevare segnali deboli. Osservare nell’infrarosso permette di raccogliere la luce di oggetti lontanissimi nello spazio e nel tempo».




Cosa può permettere rispetto al passato?

«Ci sono due concetti importanti per capire perché JWST è rivoluzionario: la velocità della luce non è infinita e l’universo è in espansione. La luce ha una velocità ben definita, quindi quando riceviamo la luce di un oggetto, vediamo l’oggetto com’era quando ha emesso quella luce. Per esempio, la Luna è a circa 300.000 km da noi. La velocità della luce è circa 300.000 km al secondo. Quindi ogni volta che guardiamo la Luna, la vediamo com’era un secondo fa. Più un oggetto è lontano, più tempo la sua luce impiega a raggiungerci. Allo stesso modo, se la luce impiega tanto tempo a raggiungerci vuol dire che la luce che riceviamo è stata emessa tanto tempo fa quando l’oggetto era molto giovane. Quindi poter rilevare oggetti lontani nello spazio ci apre anche una finestra sul passato. Più un oggetto è lontano, più la sua luce risulta debole per noi quindi ci vuole un telescopio molto grande per osservare gli oggetti più deboli, quindi più lontani, quindi più giovani e studiare l’universo com’era quando è nato».

Il James Webb Space Telescope quasi a destinazione: «Così scopriremo i segreti dell’universo»
Camilla Pacifici durante la costruzione del telescopio spaziale




Poi?

«Il secondo concetto importante è l’universo in espansione. Visto che l’universo si sta espandendo, la distanza tra oggetti aumenta sempre di più. Se la distanza aumenta, anche la lunghezza d’onda della luce aumenta mentre viaggia dall’oggetto a noi. Quindi la luce che è stata emessa nell’ottico può essere rilevata soltanto a lunghezze d’onda più lunghe e cioè nell’infrarosso. Ecco perché JWST è stato progettato per vedere nell’infrarosso, cosi da poter rilevare la luce ottica degli oggetti più lontani».




Come è stato costruito?

«JWST nasce da una collaborazione tra la Nasa, l’Esa e l’agenzia spaziale canadese (Csa). Ognuna di queste agenzie si è occupata delle costruzione di uno o più strumenti a bordo. Io lavoro a Baltimora per l’agenzia spaziale canadese che si è occupata della costruzione dello strumento Niriss e dallo strumento per guidare le osservazioni, il Fine guidance sensor (Fgs)».




Fino a dove arriveremo e cosa potrà raccontarci?

«JWST potrà mostrarci l’universo appena nato. Non solo potremo scoprire nuovi oggetti, ma grazie ai quattro strumenti, le loro modalità, e il grande intervallo in lunghezza d’onda osservabile (da circa 0.6 a 25 micron), potremo anche analizzare questi oggetti e capire di cosa sono fatti. JWST ci porterà scoperte nuove e inaspettate. Ci sono molte teorie riguardo la formazione delle galassie e le osservazioni di JWST potranno mettere dei paletti e confermare o confutare queste teorie».




Quando inizieremo ad avere informazioni?

«Molto presto cominceranno le osservazioni per il commissioning. Il commissioning è un periodo di 6 mesi in cui gli scienziati degli strumenti controllano che tutto funzioni e che gli strumenti siano pronti per fare scienza. Per lo strumento NIRISS durante il commissioning io mi occuperò della calibrazione in lunghezza d’onda della modalità WFSS (Wide field slitless spectroscopy). Finito il commissioning, verso l’estate, si cominceranno le osservazioni per la comunità scientifica».




E per quanto tempo?

«Visto che il lancio è andato benissimo e anche le correzioni post lancio non hanno richiesto troppo carburante, JWST potrebbe durare più di dieci anni».

Il James Webb Space Telescope quasi a destinazione: «Così scopriremo i segreti dell’universo»
Camilla Pacifici durante la costruzione del telescopio spaziale




Una volta arrivato al punto Lagrangiano L2 cosa succede?

«Una volta che gli strumenti sono dichiarati “pronti” e le calibrazioni su dati veri (e non solo simulati) sono fatte, si possono cominciare le osservazioni per la comunità scientifica. La comunità ha mandato proposals negli anni passati rispondendo a diversi bandi. Il primo è stato per “Early Release Science” Sono programmi dedicati a testare il potenziale di JWST. I dati saranno pubblici da subito così che l’intera comunità possa usufruirne. Poi ci sono i programmi “Guaranteed Time Observations”, ovvero tempo osservativo che è stato dato agli scienziati che hanno sviluppato gli strumenti stessi. La terza categoria include i programmi “General Observers” che sono stati selezionati in un bando l’anno scorso».


Che cosa aspettarsi?

«Mi occupo di galassie e quindi con JWST mi aspetto di vedere le primissime galassie, nella loro infanzia, e capire come si sono formate, come hanno interagito con l’universo circostante e con altre galassie vicine, e come si sono formati i metalli e la polvere nelle galassie».