A Seregno spunta una lapide per i caduti della Rsi: i motivi e le polemiche

VOTA IL SONDAGGIO Sì o no? - A Seregno il 4 novembre è stata inaugurata una lapide per i caduti della Repubblica sociale italiana. È stata affissa e benedetta al cimitero di via Reggio ed elenca i nomi di 18 seregnesi che «caddero vittime delle violenze». Reazioni e polemiche.

Il giorno dell’anniversario della Vittoria, mercoledì 4 novembre, mentre a Seregno si svolgevano le cerimonie ufficiali alla presenza del sindaco Edoardo Mazza, con la deposizione di corone d’alloro alla lapide dei caduti del Ceredo e al monumento ai caduti di San Carlo, il Comitato nazionale ricerche ed onoranze ai caduti (Cnroc ) della Repubblica Sociale italiana “Medaglia d’oro al valor militare Carlo Borsani” ha scoperto nel cimitero maggiore di via Reggio, sul muro perimetrale del sacrario dei Caduti in guerra, una lapide a ricordo dei diciotto militari e civili seregnesi caduti nel periodo dal 1943 al 1945, sotto le insegne della Rsi. Tra loro brigate nere, marò e sergenti.


LEGGI Chi sono i seregnesi ricordati: le storie sul Cittadino di sabato 7 novembre

Alla cerimonia, che si è svolta in forma privata, hanno partecipato i famigliari dei caduti e una nutrita rappresentanza di amici e conoscenti.

La lapide con i nomi dei diciotto cittadini è stata benedetta da don Ludovico Sentagne, sacerdote tradizionalista della Fraternità San Pio X.

L’evento è stato promosso e organizzato dal seregnese Norberto Bergna che è responsabile della zona di Milano, Monza e Como del Cnroc “ Carlo Borsani”, direzione nazionale di Somma Lombardo. Carlo Borsani, nato a Legnano nel 1917 è stato ucciso a Milano il 29 aprile 1945 dai partigiani, al termine della seconda guerra mondiale. È stato un militare italiano decorato con la medaglia d’oro al valor militare. Rimasto invalido e cieco, aveva aderito alla Rsi, di cui era presidente dell’associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra.


LEGGI È giusto ricordare anche i fascisti? In Brianza scoppia il caso 25 aprile

Bergna, prima dello scoprimento e della benedizione della lapide ha rivolto ai numerosi presenti un pensiero a mo’ di premessa: «Finalmente ce l’abbiamo fatta! Grazie alla sensibilità dimostrata dall’amministrazione comunale, nella persona del vicesindaco Giacinto Mariani». Quindi ha ricordato: «Era una promessa che più di 50 anni fa avevo fatto alla signora Lidia, mamma di Piero, il più giovane dei nostri caduti, ucciso nel Canavese la sera che compiva 17 anni. Quando sedicenne andavo a casa sua alla “Cà storta” a trovare l’altro figlio Ruggero, mi ripeteva sempre “ quei por fioeu” non devono essere dimenticati, altrimenti sono morti per niente, avevano una grande fede che si chiamava Italia, e quindi devono avere un nome al cimitero, un segno che li faccia ricordare. Fai qualcosa”».

Quindi a nome del comitato ha ringraziato l’amministrazione comunale «per la sensibilità dimostrata nel concedere, senza indugi, l’autorizzazione alla posa come segno di pietà e di considerazione nei riguardi di tutti i morti, a qualsiasi schieramento essi abbiano aderito, senza pretestuose e ormai anacronistiche distinzioni».

Se il sindaco
Edoardo Mazza ha commentato che «onorare i morti è un segno di rispetto e di pietà, senza distinzione alcuna. La lapide è il ricordo di coloro che non ci sono più», non sono mancate reazioni e polemiche.

Parole molto dure da parte di Giusy Minotti, a nome di “ Per un’altra Seregno a sinistra”: «Come ex consigliere comunale, antifascista e figlia di partigiano, esprimo indignazione e vergogna per l’esposizione di simboli fascisti sulla lapide che ricorda i morti della Repubblica sociale posta al cimitero il 4 novembre. È evidente che questo fatto non rappresenta una forma di “pietà per i morti” ma rientra nell’opera di revisione e di rivalutazione di un periodo storico (in questo caso la Rsi) attuata attraverso l’equiparazione tra oppressori ed oppressi. Ricordo che Seregno onora il partigiano Livio Colzani ed il sacrificio della famiglia Gani. Come si può tollerare l’esposizione del gladio della Guardia nazionale repubblicana nata per reprimere la lotta di liberazione della nostra gente dal fascismo? Spero che si levi indignata la voce dei seregnesi a partire dal consiglio comunale».

Per il Partito Democratico, circolo di Seregno, commenta il segretario Antonio Colzani. Così si legge in un comunicato: «Il rispetto umano dovuto ad ogni defunto non ci esime dal fare alcune gravi considerazioni in relazione alla posa della lapide (…). La storia ha già sentenziato che quanti sono caduti per la difesa della libertà e della democrazia, che dopo settant’anni non pare purtroppo pienamente compiuta, non possono essere equiparati ai morti invece sotto le insegne di regimi totalitari e sanguinari come il nazismo ed il fascismo».

Il presidente dell’Anpi provinciale di Monza e Brianza, Loris Maconi, ha dichiarato: «Una lapide in memoria dei caduti seregnesi della Repubblica fascista di Salò. Semplicemente inaccettabile e da rimuovere. Vittime della violenza ? I repubblichini di Salò furono piuttosto artefici della violenza esercitata dai fascisti contro gli oppositori al regime dittatoriale e contro tutto il popolo italiano. Chiederemo al sindaco e ci rivolgeremo anche al prefetto affinché questa lapide venga rimossa. E non ci si venga a raccontare ancora una volta la storia della pietà per tutti i morti. Le vittime sono state le migliaia di partigiani e di oppositori al fascismo. I morti della Rsi sono stati fautori della violenza, del razzismo e complici degli occupanti nazisti».