Pedalare rafforza le amicizie. Condividere un “viaggio” aiuta a fare gruppo e creare nuove amicizie. Ne sono consapevoli gli atleti della società ciclistica Velovirtus di Lissone che hanno percorso oltre 520 chilometri, fino a Trieste, in tre giorni.
Un itinerario tra storia, cultura e religione ben pensato che ha visto in sella alle bici il gruppo di diciassette sportivi accompagnati dal “furgone”, con alla guida Rocco Patruno e Fabrizio Gualtieri che li ha seguiti, prendendosi cura di ognuno di loro, passando le bottigliette d’acqua direttamente dal finestrino o preparando i panini ad ogni sosta.
Velovirtus da Lissone a Trieste: gruppo dai 17 ai 79 anni
Il segreto di questo gruppo: il lavoro di squadra. Dai 17 ai 79 anni, come Enrico Ornaghi, il più “anziano” che ha colto l’occasione per andare a trovare la figlia che vive ad Abano Terme, o i più giovani, i nipoti di Nino Buzzola, 17enni, che hanno trascinato anche il papà Roberto (genero di nonno Nino). Partiti alle 6.30 dal piazzale della Prepositurale, con tanto di benedizione di don Giorgio Erba, alla presenza dell’assessore allo sport Giovanni Camarda, sono rientrati domenica 16 giugno.
Velovirtus da Lissone a Trieste: le tre tappe
Un viaggio in tre tappe, Lissone-Mantova, Mantova-Iesolo, Iesolo-Trieste che li ha portati a scoprire piccoli borghi, le campagne e le “faticose salite” dei colli Euganei, ma anche le città.
«È stato un viaggio come sempre emozionante, diverso da quello dello scorso anno – racconta Luca Arosio, presidente della società – che ci ha permesso di scoprire una parte dell’Italia che non avevamo ancora visto. Posti affascinanti, come la città di Palmanova, con la sua forma ottagonale, o Valeggio sul Mincio. Per non parlare del castello di Miramare a Trieste».
Un viaggio che è stata una scoperta ma anche un ritrovarsi, come con la figlia di Enrico, tra vecchi amici che ormai hanno un grande affiatamento. «Un percorso per lo più pianeggiante ma, nel giusto spirito dei ciclisti – continua Luciano Zecchin, atleta e organizzatore del viaggio – le salite ci hanno messo alla prova. Erano strappi violenti, inaspettati che abbiamo preso un po’ sottogamba ma li abbiamo superati. Ricordo molto bene i saluti, i sorrisi delle persone anziane che abbiamo incontrato nei piccoli paesini, ci guardavano come fossimo ciclisti del giro d’Italia, con molta curiosità e interesse».
Velovirtus da Lissone a Trieste: viaggio dedicato alla memoria di Mario Lissoni e a Giovanni Meroni che non ha potuto partecipare
Già perché vedere un gruppo di quasi venti ciclisti tutti con la stessa divisa pedalare insieme è un’immagine che certo non passa inosservata.
«Tutto è stato programmato molto bene, non sono mancati gli imprevisti ma, come ci aveva insegnato il nostro Mario Lissoni (colonna della società morto alcuni mesi fa) sappiamo bene che per “muoversi serve lo spirito” e noi ne abbiamo – concludono i due ciclisti – Quest’anno non è potuto venire Giovanni Meroni, altra colonna per noi ma, abbiamo sentito comunque la sua presenza come se fosse con noi. Ogni uscita è anche in ricordo di chi ci ha lasciato e ci ha insegnato tanto, anzi spesso proprio il loro ricordo è lo sprint che serve per superare le difficoltà».