Velate, uccise la moglie e la muròin casa: condanna confermata

La Corte d'Assise d'appello ha confermato questa mattina la condanna a 16 anni per omicidio per il 50enne muggiorese Luigi Gennaro, l'uomo che, nel 2008, aveva strangolato la sua convivente e poi aveva murato il corpo in un'intercapedine della casa di Velate.
Velate, uccise la moglie e la muròin casa: condanna confermata

Usmate/Muggiò – La Corte d’Assise d’appello ha confermato questa mattina la condanna a 16 anni per omicidio per il 50enne muggiorese Luigi Gennaro, l’uomo che, nel 2008, aveva strangolato la compagna Dania Leon Paz, 36 anni, sua convivente, e poi aveva murato il corpo della donna in un’intercapedine della casa di Velate, in Brianza, dove la coppia sarebbe dovuta andare a vivere. La sentenza di primo grado risale al gennaio 2010 ed era stata pronunciata dal gup Licinia Petrella, che aveva celebrato il processo a carico dell’ex lavoratore della Tpm col rito abbreviato. Tra Gennaro e la compagna, immigrata peruviana in regola, era nato un violento diverbio, forse per una differenza di vedute tra i due sul progetto di trasferirsi da Muggiò a Velate in una casa che l’uomo stava ristrutturando. Ma a scatenare la furia omicida era stata l’insinuazione da parte della donna che il loro figlioletto, che all’epoca aveva quattro anni, in realtà non fosse davvero del muggiorese. “Nostro figlio non è tuo, l’ho avuto da un altro”, gli avrebbe detto la donna. Gennaro era esploso. L’autista aveva stretto col braccio il collo della donna. Il litigio era avvenuto nella casa di via Cottolengo, a Velate. Si era poi presentato dai carabinieri per fare denuncia di scomparsa, salvo poi ritornare in caserma per aggiungere nuovi particolari al suo racconto. Elementi che avevano indotto in sospetto i carabinieri. Gennaro aveva cosparso di acido il corpo della donna, e poi lo aveva murato nella stessa abitazione di Velate. Durante la fase dell’inchiesta preliminare, il 50enne, difeso dall’avvocato Franco Monogiu, si era difeso sostenendo la tesi dell’omicidio preterintenzionale. Il grosso del processo si è giocato sulla perizia psichiatrica. La difesa puntava al riconoscimento della semi infermità, mentre la perizia disposta d’ufficio dal magistrato, ha ritenuto l’uomo perfettamente capace di intendere e di volere.
Federico Berni