Seregno, bimbo morì in piscina:«Non ci furono negligenze»

Nessuna negligenza ed omissione da parte di Enrico Leveni e Serena Novati, direttore e bagnina del centro natatorio di Seregno, per la morte del piccolo Massimo Castello, 6 anni, il 24 giugno 2009. Rese note le motivazioni dell'assoluzione decretata dal tribunale di Monza.
Seregno, bimbo morì in piscina:«Non ci furono negligenze»

Seregno – Nessuna negligenza ed omissione da parte di Enrico Leveni, 58 anni, e Serena Novati, 22 anni, rispettivamente direttore e bagnina del centro natatorio ‘Trabattoni’ alla Porada, in servizio il 24 giugno 2009, il giorno in cui il piccolo Massimo Castello, 6 anni, morì affogato mentre si trovava in gita con l’oratorio San Carlo Altopiano di Seveso. Lo ha stabilito la sentenza pronunciata dal giudice Alessandro Rossato del tribunale di Monza, le cui motivazioni sono state depositate nei giorni scorsi.
I due erano imputati di omicidio colposo, il primo perché non avrebbe adottato “le più semplici cautele”, allo scopo di evitare tragedie come quella che ha colpito il piccolo Massimo, come per esempio imporre agli accompagnatori che i bimbi indossassero i braccioli. La seconda perché non sarebbe “intervenuta tempestivamente a soccorrere il bambino”. Le accuse, nel giudizio di primo grado, sono però cadute.
“La reazione della bagnina fu immediata- scrive il magistrato riferendosi ai numerosi testimoni comparsi in aula- e i soccorsi furono tempestivamente, seppur vanamente, attuati”. Nella sentenza si sottolinea anche “l’atteggiamento mentale della Novati nell’espletare il proprio compito: di presenza e attenzione”. Relativamente al momento della tragedia di Castello, “nessuno si era accorto di nulla”; circostanza che “emerge con evidenza” dalle parole di un testimone, un accompagnatore della comitiva, che “a soli da due metri di distanza dal bambino, non ha avuto percezione del dramma”, e che “ancora oggi vive tormentosamente questa mancanza”. E’ lo stesso teste che in aula ha detto: “non mi spiego come sia possibile che io non abbia sentito gridare aiuto e che nessuno si sia accorto dell’accaduto”.
Relativamente alla posizione del Leveni, invece, il magistrato ha messo in evidenza che “quando l’accesso avviene attraverso una struttura organizzata (oratorio, gruppo scolastico), il gestore fa affidamento sulla responsabilità degli organizzatori”.
Per la stessa vicenda, in udienza preliminare, ha patteggiato la pena Don Adriano Colombini, responsabile dell’oratorio. “Il fatto che il bambino dovessere essere curato era di nostra competenza”, ha detto il sacerdote. E infine ancora il giudice: “E’ ipotizzabile che l’esperienza abbia indotto una modifica di gestione di iniziative similari”.         
Federico Berni