Seregno: annunciato a gennaio,è pronto il libro di Valli su Martini

Il vaticanista del Tg1 Aldo Maria Valli lo aveva annunciato nel gennaio scorso a Seregno: il suo libro «Storia di un uomo-ritratto di Carlo Maria Martini», edito da Ancora, sarà presentato il prossimo 15 settembre a Milano.
Seregno: annunciato a gennaio,è pronto il libro di Valli su Martini

Seregno – In molti in Brianza, fin da quando il suo autore, il vaticanista del Tg1 Aldo Maria Valli, aveva annunciato nel gennaio scorso a Seregno, in occasione di un incontro organizzato dal locale Circolo culturale San Giuseppe, che la fase di redazione era agli sgoccioli, aspettavano la pubblicazione di questo nuovo libro su una figura di uomo e religioso che, nei suoi ventidue anni di governo della diocesi ambrosiana, ha lasciato un solco ancora oggi tangibile.

L’attesa è ormai alle battute conclusive, perché «Storia di un uomo-ritratto di Carlo Maria Martini», edito da Ancora, sarà presentato ufficialmente in anteprima il prossimo 15 settembre, alle 18, a Milano, nella Sala Ricci della sede della Fondazione culturale San Fedele, al civico 4 della piazza omonima. Oltre a Valli, classe 1958, originario di Rho, anche se ormai trapiantato stabilmente nella capitale, interverranno nella circostanza Ferruccio De Bortoli, direttore del «Corriere della Sera» e firmatario della prefazione, nonché padre Bartolomeo Sorge, gesuita come Carlo Maria Martini, direttore emerito della rivista «Aggiornamenti Sociali».

IL PERSONAGGIO
Nato a Torino il 15 febbraio 1927, entrato nella Compagnia di Gesù nel 1944, già rettore del Pontificio Istituto Biblico e dell’Università Gregoriana, Carlo Maria Martini nel dicembre del 1979 è stato nominato, non senza sorpresa, arcivescovo di Milano da Giovanni Paolo II, incurante delle perplessità dell’interessato, che gli aveva fatto presente di essere un uomo di studio e non un pastore in grado di vivere il contatto con la gente. Martini ha portato con sé nella sua esperienza meneghina il rigore dello studioso, cui ha saputo aggiungere uno stile appassionante per i cattolici più disposti al dialogo con il mondo ed al confronto con le altre fedi e culture, indispensabile per l’affermazione del suo ruolo di punto di riferimento in una città che attraversava nel profondo il dramma del terrorismo ed in cui la paura spadroneggiava.

Il nuovo percorso è stato delineato subito dalle sue prime lettere pastorali, che hanno messo al centro la parola di Dio unita alla dimensione contemplativa, la centralità dell’Eucaristia, la missione e l’esigenza di farsi prossimo per mezzo dello strumento della carità. Proprio all’ombra del Duomo, il porporato piemontese ha conosciuto Aldo Maria Valli, all’epoca giovane cronista, ed è nato tra i due quel sodalizio umano che ha prodotto la collaborazione concretizzatasi in «Storia di un uomo-ritratto di Carlo Maria Martini».

«Quando io approdo alla Rai nel 1988 – ha scritto in proposito Valli nel suo volume ”Il mio Karol” -, Martini ha intrapreso da un anno quella che resterà forse la sua iniziativa più originale, la cattedra dei non credenti, un modo per comunicare il Vangelo a tutti, anche ai lontani, trovando con tutti punti di contatto e chiedendo a tutti, con coraggio, di interrogarsi sui valori, come la verità e la bellezza, dai quali il mondo moderno, nella sua superficialità e forse per timore, sembra voler fuggire».

L’EREDITÀ MORALE
Il testo in uscita in settembre è indicato da molti come una sorta di testamento spirituale indiretto di Martini, che dopo aver lasciato nel 2002 la cattedra arcivescovile a Dionigi Tettamanzi, combatte oggi con il Parkinson, che ne sta limitando le capacità fisiche, pur lasciando inalterata la lucidità intellettuale. «Di lui- ha ricordato ancora Valli nel suo già citato libro dal titolo ”Il mio Karol”- ho sempre apprezzato, sul piano del carattere, una certa timidezza, mentre sul piano ecclesiale ho condiviso la prudenza con la quale ha guardato al fenomeno dei nuovi movimenti e la sua istintiva preferenza per la centralità della pastorale diocesana e parrocchiale, parole nelle quali mi riconosco tuttora in pieno».
Paolo Colzani