Monza – “Non ho mai posto in essere condotte corruttive nei confronti degli amministratori pubblici Brambilla e Perri e Riva per conto e/o nell’interesse di Duzioni”. Venti pagine di memoriale per difendersi dalle accuse mosse nei suoi confronti dalla procura di Monza. Tre ore di interrogatorio per il desiano Massimo Ponzoni, l’ex assessore regionale, detenuto dal 17 agosto in una cella della quarta sezione del carcere di Monza.
Nel documento presentato ai pm Donata Costa e Walter Mapelli, Ponzoni ammette di «aver sottaciuto» sinora che Filippo Duzioni, l’imprenditore bergamasco indagato assieme all’uomo del Pdl, «è stato una persona che ha finanziato le mie società e l’attività politica del Pdl di cui ero coordinatore provinciale perché temevo avreste pensato (come poi è accaduto) a possibili illeciti».
Duzioni, a detta di Ponzoni, «mi chiedeva di poter avere informazioni sugli stati di avanzamento del Pgt del Comune di Desio per conto anche di suoi clienti interessati allo sviluppo di aree commerciali sulla zona; oppure di sottoporre proposte e osservazioni all’attenzione dei politici». Il consigliere regionale ha tenuto ha precisare, però, di non aver «mai ricevuto e promesso denaro o altre utilità» per questi contatti.
Stoccata al suo ex socio, trasformatosi in grande accusatore Sergio Pennati: a quest’ultimo sarebbe stata destinata «la destinazione finale» dei soldi di Duzioni col sistema delle caparre.
Ponzoni respinge anche l’accusa di aver favorito politicamente Rosario Perri e Antonino Brambilla, in cambio di favori e denaro: “Brambilla, pur ritenendolo un ottimo tecnico, non ero stato io a proporlo, bensì gli onorevoli Podestà e Romani”. Ora la difesa di Ponzoni si riserva “ulteriori iniziative” per chiedere “l’attenuazione delle esigenze cautelari”.
“Conoscendo ora le contestazioni nel dettaglio, abbiamo risposto in maniera analitica alle accuse”, ha detto l’avvocato Luca Ricci, che cura la difesa di Ponzoni assieme al collega Sergio Spagnolo. Ma secondo la Procura, l’interrogatorio “non sposta la valutazione sul grave quadro probatorio che pesa sull’indagato”.
Federico Berni