O’ Vesuvio non se ne fotte proprioNuovo libro-denuncia di Gregori

O’ Vesuvio non se ne fotte proprioNuovo libro-denuncia di Gregori

Monza – Passa con disinvoltura dai master al politecnico in progettazione di Yacht alla scrittura di romanzi. Del resto Massimo Gregori, monzese per cinquant’anni, oggi in trasferta sulle colline pisane ha come riferimento l’uomo eclettico del Rinascimento. La sua verve e i mille interessi traspaiono al primo incontro, come la presentazione, domenica mattina da Libri & Libri, del suo ultimo romanzo ”O’ Vesuvio nun se ne fotte proprio”.

Dopo ”Quote latte rosso sangue”, un nuovo romanzo di denuncia politica e sociale?
Sì, devo dire che è una fonte inesauribile di ispirazione. In questo romanzo metto in luce l’immobilismo di certi apparati,il bla bla dei politici, ma soprattutto c’è il piano di evacuazione dell’area Vesuviana che fa acqua da tutte le parti.
Qualche esempio?
Nel piano si stabilisce che in caso di eruzione le famiglie dell’area raggiungano diverse regioni italiane,ma, prima di lasciare Napoli, in piena attività del Vesuvio, dovrebbero mettersi ordinatamente in coda in comune per comunicare dove si trasferiranno. I capofamiglia poi, dovrebbero salutare mogli e figli e iniziare a spalare ceneri e detriti dai tetti delle case! Non parliamo poi dell’ospedale all’avanguardia che è stato costruito in piena zona rossa sopra una colata lavica o del rione Terra , evacuato perché a forte rischio e ricostruito dalla camorra con il doppio della densità abitativa.

A proposito di camorra nel romanzo c’è il personaggio di don Vito Calcaterra che sul finale risulta quasi positivo.
Non l’ho voluto rendere particolarmente positivo,ma, in piena crisi, riesce a salvare un bel numero di persone e ottiene una sorta di redenzione. Il personaggio che ti fa più simpatia? Tutti i miei personaggi mi sono simpatici,ma forse in questo romanzo ammiro il vulcanologo Bartoli. Un professionista serio senza essere serioso,una persona con il simpatico vezzo di storpiare tutti i modi di dire. Invece i giornalisti non devono esserti molto simpatici? Non mi piace un certo modo di fare cronaca. Non ho inventato nulla,basta guardare i nostri telegiornali con i microfoni pronti ad intervistare la mamma delle due sorelline morte nel crollo della loro casa.

Il romanzo ha richiesto molti studi preparatori o sei da sempre appassionato di vulcanologia?
In verità sono partito un po’ alla garibaldina,ma poi mi sono reso conto che occorreva prepararsi. Ho letto molto, trovato tanto materiale in internet, riempito file con documenti e notizie. Ho inviato la bozza del romanzo al geologo Benedetto De Vivo dell’Università di Napoli che mi ha detto che quanto scrivo è quello che lui sostiene da sempre e che il romanzo dovrebbe essere letto a Napoli perché nessuno prende sul serio l’eventualità di una nuova eruzione. Non pensi che i napoletani, da sempre scaramantici, possano prendersela a male? Al contrario. Ho amici e collaboratori napoletani che hanno letto e apprezzato il romanzo. Io lo definirei una lettura scaramantica, un porte-bonheur.
Rosella Redaelli