Lissone/Biassono/Desio – L’ultimo episodio violento è accaduto in questi primi giorni dell’anno. I volontari si sono ritrovati alle prese con un ubriaco che ha lanciato loro un estintore ed è fuggito sull’ambulanza. «I rischi ci sono, e da volontari non abbiamo molte tutele. Capita molto frequentemente d’intervenire in episodi che hanno contorni violenti, in abitazione come per strada, in discoteca. Cerchiamo di portare a termine il nostro servizio tutelando noi stessi e l’equipaggio sul posto». Giacomo Chiapparrone, presidente della Croce Verde Lissonese, associazione di volontariato che opera da 40 anni nel campo dell’assistenza socio-sanitaria, non nasconde le difficoltà e i rischi dei suoi volontari nei servizi di emergenza-urgenza, trasporti extraospedalieri, servizi socio-sanitari. «Ogni servizio è a sé, il protocollo d’intervento è uno solo, ma ogni paziente è diverso dall’altro» spiega «casi violenti accadono, ci si imbatte in persone malate che maneggiano coltelli e con questi ti minacciano, e per mille motivazioni: alle spalle ci possono essere crisi familiari, liti, attriti tra conoscenti. Spesso dove non arrivano le famiglie, scatta la richiesta di soccorso». Un servizio sul campo, quello prestato dai 250 volontari (oltre a 5 dipendenti) della Croce Verde Lissonese, che è prezioso, ma evidentemente anche rischioso. Che si scontra con storie e drammi. «Troviamo la persona ubriaca, quella che ricorre agli stupefacenti, quella con patologie evidenti » afferma Chiapparrone «ci possiamo trovare di fronte anche persone con malattie infettive, che tentano di malmenarci, che inveiscono contro di noi o che picchiano la testa contro i nostri mezzi. Questo è un angolo del volontariato molto particolare e non tutti sono portati per questo. Oltre all’impegno, ci vuole coraggio e sarebbe auspicabile un maggior riconoscimento da parte delle istituzioni». Motivazione, ecco cosa spinge il dipendente della Croce Verde Lissonese, Marco Formenti a prestare servizio nonostante episodi rischiosi non siano mancati. «Mi è capitato d’intervenire a Lissone, un paio d’anni fa, per una lite e sul posto mi sono visto puntare addosso il fucile» racconta «oppure a Monza, questioni familiari si sono complicate perché una persona maneggiava una sciabola. Si è pienamente consapevoli dei rischi che si corrono, ma vado avanti perché sono motivato per farlo».
Croce Bianca Biassono
«Quando ci mettiamo la divisa non pensiamo di essere in pericolo. Certo è che alcune situazioni possono essere migliorate. Siamo solidali e vicini ai nostri colleghi della Croce verde lissonese per il fatto accaduto: al loro posto potevamo esserci noi». Con queste parole Emanuela Riboldi, presidente della Croce Bianca Biassono, commenta la questione «sicurezza» quando si interviene come volontari. «La prima regola che ci viene insegnata è quella di valutare la sicurezza della scena. Solo allora possiamo operare, altrimenti si chiama immediatamente la centrale operativa per spiegare la situazione e chiedere l’intervento delle forze dell’ordine. Le indicazioni che giungono dalla centrale al momento della chiamata di intervento – spiega Riboldi -, sono molto generali e decodificate. Può capitare di non sapere cosa ci attende sul luogo dell’intervento e spesso accade che il nostro mezzo sia il primo ad arrivare. Ci vorrebbe maggior coordinamento con l’intervento della forza pubblica, magari col migliorando le informazioni a monte della chiamata dalla centrale operativa». Gli eventi psichiatrici, le liti familiari o episodi violenti e le intossicazioni etiliche, sono i casi più frequenti. «I casi di intervento per intossicazioni etiliche si verificano specialmente di notte e nei fine settimana – commenta Ambrogio -. Di solito sono giovani che si sentono male usciti dai locali, ma si tratta anche di adulti recidivi all’uso di sostanze alcoliche. Le stesse persone ci capita di soccorrerle più volte nel giro di poche ore». Tutti concordi i volontari nel pensare che il degrado sociale sia ormai diventato il problema alla base dell’aumento di situazioni di disagio. «Sono aumentati i casi psichiatrici. A volte ci è capitato di trovarci di fronte a persone, spesso molto giovani, che al momento sembrano tranquille ma poi una volta in ambulanza danno in escandescenza – spiega Mariacristina, volontaria Croce Bianca Monza -. La situazione è peggiorata perché questi casi sono meno assistiti dalle famiglie, che non hanno più ne la forza economica ne quella morale per sostenerli. Il servizio pubblico li lascia soli e le strade si riempiono. I volontari sono preziosi: il primo soccorso è affidato interamente a volontari, attivi tutte le notti, sabato, domenica e festività per 365 giorni l’anno». «Ho notato un’evoluzione in tutto – aggiunge Giancarlo, recentemente premiato per i suoi 40 anni di volontariato in Croce Bianca Biassono – . Il problema va risolto a livello sociale. Un tempo ricordo che si soccorrevano i tossicodipendenti da eroina, magari trovati su una panchina, in mezzo alla strada, alla stazione o nei giardinetti. Ora è cambiata la classe sociale, le droghe si sono sofisticate e ogni caso è a se stante. Ultimamente in tutta Italia si sentono casi di soccorritori minacciati e certe volte si ha più paura ad intervenire. Un tempo si lasciava l’ambulanza con le chiavi inserite nel parcheggio del pronto soccorso: ora non è più possibile».
Croce Rossa Desio
Al comitato desiano della Croce Rossa nessuno ricorda episodi particolarmente gravi. I soccorritori non sono mai stati aggrediti durante i loro interventi. Tensioni e paure, però, non mancano. «Noi spesso siamo i primi ad intervenire sul posto» sottolineano i volontari della sede di via Milano. «Non andiamo però allo sbaraglio» aggiungono. I volontari, prima di prestare servizio, frequentano il corso base, in cui viene anche spiegato come affrontare le situazioni particolarmente tese o violente. Poi, si sa, è sempre difficile applicare la teoria alla realtà. C’è chi ricorda di essere intervenuto sulla scena di un accoltellamento, con un ferito grave. Una scena che è rimasta impressa nella mente dei volontari. O chi racconta di essere stato chiamato durante una lite violenta in famiglia. «In quel caso, non siamo intervenuti: la lite era ancora in corso».:«Non ci dobbiamo sostituire alle forze dell’ordine» è la regola fondamentale che i volontari si ripetono spesso. «Noi non siamo pubblici ufficiali». Sui luoghi degli incidenti e dei fatti violenti i soccorritori arrivano insieme alle forze dell’ordine. «La loro presenza mette sicurezza». Alle spalle, c’è il coordinamento del 118. Lo spiega bene il presidente del comitato desiano della Croce Rossa, Massimo Alberio, unico incaricato a parlare ufficialmente: «Il personale è in contatto costante con la centrale operativa del 118, che coordina le operazioni. Ci sono dei protocolli operativi da rispettare. I soccorritori devono evitare di avvicinarsi troppo quando la scena è particolarmente violenta. Prima, occorre un intervento delle forze dell’ordine. Noi siamo soccorritori, non pubblici ufficiali. Certo, il rischio esiste sempre perché le situazioni sono in divenire. Il nostro punto di forza è la coesione». La squadra trasmette sicurezza al singolo. E’ una sensazione che provano soprattutto le donne. «Quando salgo sull’ambulanza un po¿ di ansia ce l¿ho – ammette una volontaria- ma poi sento di appartenere ad un gruppo. La presenza degli altri mi tranquillizza». A volte sono proprio le donne ad avere maggior sangue freddo. In alcuni casi infatti sono loro a risolvere la situazione. Capita per esempio con i malati psichici o con i tossici. «Le donne riescono a tranquillizzare maggiormente i pazienti» dice un altro volontario. Certo, poi capitano episodi di violenza. C’è chi riferisce di un paziente che, salito in ambulanza, ha dato in escandescenza e ha iniziato a dare calci ai finestrini. «Abbiamo aspettato che si tranquillizzasse. Per fortuna non è successo nulla di grave».
Elisabetta Pioltelli
Erica Sironi
Paola Farina