Monza – Che fine hanno fatto la nitticora, il martin pescatore e i pesci che popolavano l’oasi ambientale di piazza Castello? A chiederselo sconsolato è Atos Scandellari, presidente del circolo Legambiente di Monza, osservando la progressiva moria degli abitanti del Lambro. Una constatazione amara, in risposta al servizio dedicato allo stato del fiume, apparso sulle pagine del Cittadino del 21 aprile scorso.
«In questa primavera sono rimaste solo una decina di anatre, le tre nidiate di anatroccoli osservate negli spazi dell’oasi sono già sparite, l’airone cinerino si è visto raramente, la nitticora ed il martin pescatore sono spariti e i pesci sono diminuiti – spiega Scandellari -. Tutto questo, a nostro giudizio, è dovuto al progressivo decadimento della qualità delle acque del Lambro e alla loro eutrofizzazione». Cosa è successo? «L’eutrofizzazione delle acque del fiume è in gran parte dovuta agli scarichi civili – continua il presidente di Legambiente -. Ci domandiamo perché il Parco della Valle del Lambro e la Regione Lombardia non intervengano in modo deciso per eliminare questi scempi all’ambiente ».
Il risultato, quello sì, è evidente a tutti, si vede e si sente: dal letto del fiume tramutato in una discarica abusiva alle puzze che si levano avvolgendo il centro storico. «Indice dell’eccessiva disponibilità di nutrienti nel fiume sono le abbondanti e diffuse coperture di alghe filamentose presenti sul fondo – precisa il responsabili dell’oasi naturale -. Queste, quando si staccano dal substrato, si depositano lungo le sponde o nelle piccole pozze d’acqua dove muoiono e vanno in putrefazione. Il risultato è il rilascio di cattivi odori nell’aria e di sostanze tossiche nell’acqua».
Un problema, quello dello stato di salute del Lambro, che non sembra però raccogliere l’interesse di quanti dovrebbero essere preposti alla sua salvaguardia. Tanto c’è da fare non solo per limitare l’inquinamento, ma anche per rivedere la regimazione delle acque in città. «Il Lambretto ha il fondo ancora naturale ed è in grado di effettuarne l’autodepurazione delle acque mentre il Lambro non può farlo in quanto il suo alveo è totalmente cementificato. Regolando in modo più preciso la paratia del Lambretto di via Aliprandi, si potrebbe aumentare l’acqua che scorre nel Lambro, favorendo il miglior deflusso del fiume nel centro storico, il minor ristagno dei rifiuti e delle alghe, eliminando l’immagine di paese sottosviluppato che si percepiva passando sopra il Ponte dei Leoni».
Sarah Valtolina