L’ex studente racconta il PapaSomoza: «E’ come è apparso»

Il giornalista Alfredo Luis Somoza all'università è stato studente dell'allora professor Jorge Mario Bergoglio, il futuro Papa Francesco: «Come si è presentato al mondo mercoledì, quello è il suo stile. E chi riduce a polemica la sua elezione non ha la visione delle sfide che il pontificato dovrà affrontare».
L’ex studente racconta il PapaSomoza: «E’ come è apparso»

Vimercate – «Come si è presentato al mondo mercoledì sera, quello è il suo stile. E chi riduce a polemica la sua elezione non ha la visione delle sfide che il pontificato dovrà affrontare». Lui è il cardinale Jorge Mario Bergoglio e chi ne parla è un ex studente, che lo ricorda bene. Al giornalista Alfredo Luis Somoza il futuro Papa Francesco ha insegnato letteratura spagnola all’università di Buenos Aires. La polemica invece tocca la storia dell’Argentina, proprio quando professore e allievo si sono conosciuti nell’istituto dei gesuiti che è stato luogo di rifugio, forse anche di salvezza, per chi non poteva frequentare l’università pubblica controllata dal regime militare: erano gli anni ’70 della dittatura e dei desaparecidos. Oggi Somoza vive a Vimercate, è un esperto di politica internazionale, è presidente dell’Istituto di cooperazione economica internazionale. E racconta l’emozione di un Papa argentino, in un pontificato delle prime volte. Che ha già rotto gli schemi, con uno stile nuovo.

«È un Papa non europeo ed è la prima volta che succede in duemila anni. E poi è un gesuita, il primo: sono due novità che già suonano come una rivoluzione. Come l’essersi definito vescovo di Roma e aver scelto il nome Francesco, segnali chiarissimi del lavoro che dovrà fare. Lui, che è figlio di italiani, sarà un ponte tra l’Europa e le nuove chiese».
Qual è la sua missione? «Fare pulizia. Ce l’aveva fatto capire Joseph Ratzinger: è stato scelto un cardinale esterno, sarà intransigente per ripulire la curia dalle incrostazioni e dagli scandali. Per cambiare».

Per ora ha colpito il mondo con poche parole, gesti sobri e insieme rivoluzionari. Quasi un colpo di fulmine coi suoi fedeli. «Il suo è un profilo complesso, come complessa è la storia dei gesuiti in Argentina. È certo un personaggio umile, più facile da incontrare nelle baraccopoli di periferia che nei palazzi del potere. Dal punto di vista dottrinale è un conservatore che si è espresso fermamente contro i matrimoni e le adozioni gay, poi approvati in Argentina, o contro l’aborto. Ma nell’azione è vicino al sentimento popolare: è sempre stato un critico del modello neoliberale e delle sue conseguenze, ha spesso criticato le banche, è stato uno dei fustigatori delle riforme di Menem e spesso ha rincorso da sinistra anche il governo Kirchner. Da arcivescovo ha avuto parole durissime nei confronti del Fondo monetario internazionale e dei banchieri. E non è da dimenticare che era il vescovo appena nominato di Buenos Aires nel momento del default dell’Argentina. Dopo il crollo della politica è sempre stato molto in alto nel rispetto della popolazione».

L’ombra della polemica, uscita da internet e montata dai social network? «La chiesa argentina ha dovuto fare mea culpa su storie lontane e allo stesso tempo vicine. Ed è stato il cardinale Bergoglio a produrre nel 2000 il documento di scuse per le relazioni della chiesa col governo militare. Della chiesa ma non dei gesuiti. È rimasto coinvolto nell’inchiesta di un giornalista per responsabilità nell’arresto di due sacerdoti, tornati liberi dopo cinque mesi e questo fa pensare che la Compagnia di Gesù si fosse attivata per loro. È un’ombra, mai provata. La risposta migliore a questo proposito è di Adolfo Perez Esquivel, detenuto durante la dittatura e Premio Nobel per la pace, che ha escluso che Papa Francesco sia stato un complice. Adesso è ora di pensare al futuro».
Chiara Pederzoli