”Lavorare stanca”, affondosul senso della fatica quotidiana

Realizzato dalla compagnia monzese Spazi Vuoti lo spettacolo viene proposto in occasione del Primo maggio dall'associazione culturale San Fruttuoso presso l'omonimo circolo sociale. Sabato 30 aprile, con inizio alle 20.30. L'ingresso è libero e gratuito.
”Lavorare stanca”, affondosul senso della fatica quotidiana

Monza – «Si dice sempre che il tempo è denaro. Ma bisogna ricordarsi che l’equazione non è reversibile: il denaro non è tempo. Il tempo è vita. Io decido dove investirla. Questa è libertà. Una parola grossa che bisogna imparare presto a riempire di cose piccole, altrimenti è disperazione».
Matilde Facheris è autrice, interprete e regista dello spettacolo teatrale «Lavorare stanca» realizzato dalla compagnia monzese Spazi Vuoti. Viene proposto in occasione della giornata del primo maggio dall’associazione culturale San Fruttuoso presso l’omonimo circolo sociale e ricreativo situato in via Tito Speri 12. L’appuntamento è fissato per la serata di sabato 30 aprile, con inizio alle 20.30. L’ingresso è libero e gratuito.

Il lavoro prende titolo e ispirazione da una raccolta di poesie di Cesare Pavese pubblicata nel 1936. Si tratta di un monologo, con musica dal vivo, che partendo dalla condizione di precarietà totale, lavorativa e sentimentale, dell’attrice che lo interpreta, arriva ai suicidi di France Telecom, in particolare alla vicenda di Michel Deparis, appassionato della corsa, quindi avvezzo alla resistenza e al dolore dei crampi, suicidatosi il 13 luglio del 2009.
«Viviamo in un tempo buio, nel quale tutti, per sopravvivere, siamo costretti a lavorare, dovunque, comunque, a qualsiasi condizione – commenta Matilde Facheris -. Qual è il senso del lavoro nella vita di ogni persona e perché questo senso è ormai perso e stravolto nella nostra società moderna? Abbiamo bisogno di immaginarci nuove forme di organizzazione sociale che permettano una vita più umana e felice».

Lo spazio scenico è nudo, volutamente vuoto. Il racconto è affidato al corpo dell’attrice, alle parole e alla musica dal vivo, composta ed eseguita da Massimo Betti (chitarrista) e Stefano Fascioli (contrabbassista). Oltre ai loro strumenti, suonano anche orologi, sveglie, chiavi di casa, telefoni, bicchieri, percussioni varie, strumenti inusuali che trasportano lo spettatore nel ritmo della modernità e nelle diverse atmosfere dello spettacolo, sottolineate ulteriormente dall’utilizzo delle luci, disegnate da Paolo Vaccani, che circoscriveranno di volta in volta lo spazio scenico (a cura di Juan Carlos Tineo Reyes).
Lo spettacolo è una sorta di montaggio di testi di varia natura (estratti da romanzi, saggi, inchieste, lettere, interviste, poesie) e di canzoni. La struttura drammaturgica segue un filo a volte evidente, logico, a volte emotivo, fatto di suggestioni e di analogie.
Modesto Panizza