Vimercate – La vegetazione è cresciuta selvaggia tutt’attorno. La villetta di via Adige 23 pare risucchiata, quasi rimpicciolita, tra gli alberi e i cespugli prosperati a dismisura in quest’ultimo anno. In stato di totale abbandono. Alla sinistra del cancello pedonale, affacciato sul controviale urbano della tangenziale est, è affisso il cartello che sigilla l’area come sottoposta a sequestro (nella foto a destra). Analogo avviso sta qualche metro più avanti, sulla porta in legno chiaro che fa da ingresso all’abitazione. Il vialetto che conduce fin lì è avvolto dall’arco pesante di un rampicante ancora rigoglioso, a far da contrasto con la siepe gialla e secca che segna i bordi del giardino. All’esterno, tra il verde delle conifere si fa largo il rosso della cassetta delle lettere, con il nome dell’ormai scomparso proprietario.
Lì accanto, case uguali. Villette ordinate, porte identiche, linde e chiare ma con una nota di vita, quasi scontata in questo periodo, che casa Campanini non ha più: le ghirlande a festa del Natale appese fuori. Il tempo sembra sospeso, immobile, fermo a un anno fa, alla tragedia dei due corpi inerti ritrovati sul divano di casa, brutalmente uccisi. «Certo che ricordo che è passato ormai un anno dall’assassinio, che vuole che le dica?… Non c’è niente da dire», sono le parole ripetute dai vicini di casa, attraverso il citofono. In questi mesi avete avuto modo di vedere i familiari, di scambiare qualche parola? «Non sappiamo nulla», è la replica unanime. Al civico subito vicino, il 25, sede dell’immobiliare Adige, che Antonio Campanini conduceva in società con il figlio Aldo, qualcuno c’è. Al campanello risponde un’impiegata che, con cordialità, esce e si affretta ad aprire il cancelletto. Non appena comprende che sta parlando con una giornalista che chiede qualche informazione e che l’argomento è l’omicidio avvenuto un anno fa, la donna rifiuta cortesemente di dire alcunché e a passi rapidi si barrica all’interno dell’edificio.
La neve e il ghiaccio di questi giorni paiono immortalare nel silenzio e nella solitudine questi luoghi che a gennaio, per qualche settimana, furono invece al centro dell’attenzione non solo degli addetti ai lavori, inquirenti e stampa, ma dei tanti curiosi che decisero di farne meta di gite mirate, con tanto di foto immortalate con il telefonino. Turismo macabro, così si chiama questo fenomeno, alimentato dall’assedio mediatico ai luoghi dell’orrore, da Garlasco ad Avetrana, da Erba a Perugia, da Cogne a Novi Ligure. Fino a Oreno.