Il vangelo secondo Giotto:la cappella Scrovegni digitale

Monza – La straordinaria bellezza e la cura di ogni dettaglio, unita all’allestimento scenografico e imponente, con la riproduzione in scala 1:4 della cappella degli Scrovegni. Questo e molto ancora è la mostra «Il vangelo secondo Giotto», inaugurata nercoledì 25, nel tardo pomeriggio, alla presenza dei curatori, il professor Roberto Filippetti e Giancarlo Nucci, dell’associazione Arte e fede, dell’arciprete, monsignor Silvano Provasi, dei parroci delle chiese del Sacro Cuore e di San Giuseppe, oltre agli assessori alla Cultura, Alfonso Di Lio, e all’Educazione, Pierfranco Maffè. La mostra, con ingresso libero, rimarrà aperta al pubblico fino al 28 aprile, visitabile nell’auditorium della chiesa di Triante, il martedì e giovedì, dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 21; mercoledì e venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 19; sabato e domenica sempre dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19.
Una mostra itinerante che ha già toccato trentadue località, riscuotendo ovunque enorme successo, attirando in media cinquemila visitatori per ogni allestimento. Per prepararsi a un simile evento la parrocchia di Triante ha promosso due incontri per meglio conoscere il genio, l’arte e la rivoluzione innovativa di Giotto. Dopo la conferenza tenuta dal professor Graziano Vergani, lo scorso giovedì è stata la volta di don Carlo Cibien, direttore del centro culturale San Paolo di Cinisello Balsamo, che ha presentato un intervento dal titolo: «Giotto e la cappella di Enrico Scrovegni a Padova: un restyling di immagine all’ombra dell’economia della salvezza».
«Giotto – ha spiegato il relatore – si è ispirato al teatro paraliturgico medievale per dipingere la cappella. Ogni quadretto riproduce una piccola scena teatrale, come fosse un modellino». Nel ciclo pittorico, suddiviso in tre livelli, gli episodi dell’antico testamento, quelli riferiti alla storia di Anna e Gioacchino, sono sviluppati secondo canoni romanici, mentre quelli che narrano i momenti della vita di Cristo, raccontati nel Nuovo Testamento, sono stati realizzati seguendo uno stile gotico, segno di un’evoluzione della storia dell’umanità che si afferma anche nelle scelte stilistiche dell’artista.
«Il giudizio finale presenta invece elementi di carattere apocalittico – continua don Cibien – con un cielo arrotolato, a indicare che alla fine dei giorni sarà Dio stesso ad arrotolare la storia, aprendo il tempo all’eternità». Curiosa poi la rappresentazione dei vizi e delle virtù che precede il giudizio finale, nella quale volutamente l’autore ha omesso di raffigurare l’avarizia, peccato che caratterizzava il padre di Enrico Scrovegni, che accumulò ingenti fortune con l’usura, tanto da venire inserito da Dante all’inferno, proprio tra gli usurai. Con questa cappella Enrico prova a riabilitare la sua famiglia, cercando così l’assoluzione dei contemporanei, regalando a noi un capolavoro senza tempo.
Sarah Valtolina