Il re, la regina e il cinema italianoIl primo film della storia a Monza

La regina Margherita, il re d'Italia Umberto I, la Villa reale e Monza. Ecco i protagonisti della prima pellicola della storia del cinema italiano. Girata nel 1896, e andata distrutta, fu opera di Vittorio Calcina, stregato dai fratelli Lumière.
Il re, la regina e il cinema italianoIl primo film della storia a Monza

Monza – Lei è la regina Margherita di Savoia, lui il re d’Italia, Umberto I. Dietro c’è una villa, anzi: la Villa reale. C’è l’ampia scalinata da cui scendono, una carrozza pronta ad accoglierli, la servitù che si inchina tra il cappello della sovrana e i maestosi baffi bianchi del figlio di Vittorio Emanuele II, un cilindro sulla testa che lo fa avanzare di quel poco che basta più in alto della regale consorte. Atto primo, scena prima, film primo, e in assoluto: a volersela immaginare, la prima pellicola della storia del cinema italiano dev’essere stata pressapoco così.

È stato girata a Monza nel 1896, una manciata di mesi dopo l’exploit dei fratelli Lumière a Parigi. A volersela immaginare, perché non si può fare altrimenti: quel film è scomparso, non esiste in alcun archivio, si sa soltanto che c’è stato e che raccontava una passeggiata dei due sovrani nel parco della Villa reale.
Esiste qualcosa di simile, negli scaffali dell’Istituto Luce, ma un po’ d’attenzione e il confronto delle scalinate che scorrono sullo schermo dimostrano che non si tratta della reggia del Piermarini. Altrove, un altro anno, chissà.

Agli atti resta solo questo: sapere che nel 1896 sono stati girati i due capostipiti della storia cinematografica italiana, uno a Monza e un altro, successivo, a Roma. Ecco, quello rimane, il secondo: papa Leone XIII che arriva a sua volta in carrozza, scende, entra in una sala e si siede davanti alle guardie svizzere. Un saluto con la mano – divertito, si direbbe. Di entrambi l’autore è lo stesso, Vittorio Calcina, il vero pioniere della settima arte in Italia, un torinese affascinato da quello che aveva visto all’ombra del Louvre: il treno che entrava spedito in stazione, le operaie che uscivano dalla fabbrica, tutto quello che era stato proiettato per la prima volta al mondo il 28 dicembre del 1895 al Grand café di boulevard des Capucins.

Calcina ne era stato incantato al punto di diventare rappresentante italiano dei prodotti Lumière, sempre nel 1896. Allora aveva 39 anni e fino a quel momento era stato fotografo: Parigi lo aveva convinto che gran parte del futuro passava da quella rivoluzione. Non c’erano ancora gli attori – sarebbero arrivati presto – e non c’erano ancora le storie, i registi erano soprattutto cineasti. Filmaker, si direbbe oggi. Ed è in quella veste che Calcina girava l’Italia raccogliendo scene di vita e soprattutto momenti ufficiali: il varo della nave Emanuele Filiberto nel 1898, l’esposizione di Torino, il terremoto in Calabria nel 1905 – l’ultimo anno di attività prima di abbandonare le riprese. Nove anni prima, però, l’entusiasmo portava lontano: Calcina aveva ideato anche le sale di proiezione.

Il primo cinema era stato un ex ospizio di carità, in via Po a Torino, dove il 7 novembre una ventina di pellicole dei Lumière era finita su un grande schermo per un soldo a spettatore. Calcina è morto a Milano, nel 1916, vent’anni dopo aver cambiato tutto: in quel 1896 in cui a Torino debuttava La Bohème, mentre a Milano veniva fondata la Gazzetta dello sport, quando vicino a Savona vedeva la luce Sandro Pertini, a Monza, in Villa reale, nasceva il cinema italiano.
Massimiliano Rossin