Giussano, la vera lotta alla mafiadeve passare attraverso la cultura

Giussano, la vera lotta alla mafiadeve passare attraverso la cultura

Giussano – Il contrasto e la repressione delle forze dell’ordine non può fermarsi ma quella contro la mafia è soprattutto una sfida culturale, una via da intraprendere assolutamente. Che sia in Brianza, in Piemonte, in Campania, in Calabria. Questo il senso della lotta di “Libera”. Riprende le parole di Giovanni Falcone («La mafia è un fenomeno umano e come tale ha un inizio e avrà una fine»), Davide Mattiello, referente per l’associazione in Piemonte, che ieri sera, martedì, in Villa Mazenta, durante l’incontro organizzato da “Giussano 5 stelle”, non ha voluto fare la fenomenologia della criminalità, non si è soffermato su quali siano gli episodi che testimoniano la presenza criminale anche in Brianza ma ha parlato della necessità di un cambiamento culturale nella lotta alla mafia.
Diritti e non favori – Il problema, insomma, è di tutti e nessuno può tirarsi indietro. Cita Carlo Alberto dalla Chiesa, grande oppositore della mafia assassinato nel 1982, e la serata raggiunge subito il cuore della questione. Alla domanda cosa servisse per sconfiggere la mafia, il generale non richiedeva più polizia ma rispondeva:«Lo Stato potrà sconfiggere la mafia solo quando concederà ai suoi cittadini come un diritto ciò che dalla mafia viene concesso come favore». Più Stato, dunque, e più strutture sociali (scuole, ospedali, lavoro) che vadano di pari passo con il presidio militare. L’antimafia deve essere un progetto culturale comune: «Dobbiamo metterci d’accordo – dice Mattiello – su cosa sia la parola “scelta” e riconquistare il senso del limite, che oggi è stato sfondato, dobbiamo riappropriarci di quel “sacro” laico inviolabile. Si è superato il senso del limite con il respingimento in mare di essere umani e lo si sta sfondando con la privatizzazione dell’acqua pubblica, cui ci dobbiamo opporre energicamente. È un’offesa la vendita all’asta dei beni immobili confiscati alle mafie che non vengono assegnati nel giro di qualche mese e rappresenta un colpo durissimo alle attività di opposizione sociale e culturale alla criminalità organizzata. È facile immaginare chi si farà avanti per comprare la propria “roba” , facendo crollare il valore sociale dei beni confiscati, quello della convenienza della legalità e della democrazia».
Una lotta culturale – La lotta alla mafia ha un dunque, un valore, culturale e poetico che non deve essere diffuso fra i giovani, nelle scuole. «Non vogliamo – aggiunge Mattielo – che l’Italia si trasformi in una piantagione di “carciofi”. La parola carciofo, infatti, in dialetto siciliano si traduce con “cosca” e allora si capiscono tante cose. Il carciofo è una perfetta macchina da guerra naturale che, chiusa su se stessa e armata di aculei, protegge il proprio cuore dall’esterno. Le mafie sono forti, perchè sono fatte da cosche. Ma le mafie sono forti anche perchè il modello-carciofo ha convinto molti: fare cosca è diventato da tempo il modo violento, disperato di intendere la società, di intendere la politica. Crediamo nello Stato di diritto e cioè in un’ organizzazione della società nella quale il potere, anche quello della maggioranza, non possa fare tutto quello che vuole».
Federica Vernò