Lissone – “Mai avrei immaginato di possibili legami con la ‘ndrangheta”. Alla fine ha ammesso, il vicebrigadiere dei carabinieri di Monza Salvatore Russo, raggiunto da due ordinanze restrittive per presunti favori a pregiudicati in contatto con la malavita organizzata. Durante l’interrogatorio sostenuto mercoledì mattina, il militare, 48enne residente a Lissone, dopo aver inizialmente negato, ha fatto le prime ammissioni di aver effettivamente preso soldi (anche se contesta l’entità della cifra) perché avrebbe ceduto ad un “momento di difficoltà economiche”.
Il carabiniere, inoltre avrebbe detto di essere stato in contatto con il solo Orlando Purita, e non con esponenti della mala calabrese. Per il 48enne, difeso dall’avvocato Monica Gnesi, si intravede la possibilità di lasciare il carcere, per gli arresti domiciliari.
Russo era stato arrestato nell’ambito dell’operazione Black Hawk. Dalle perquisizioni effettuate due settimane fa dai militari della Guardia di Finanza di Milano nella casa di Stefano Scatolini, 44 anni, uno degli indagati, gli investigatori hanno trovato altri documenti compromettenti che hanno messo nuovamente nei guai Russo. Dalle carte sequestrate, sarebbe emerso che Russo ha effettuato ulteriori ricerche di dati riservati relativi ad alcuni imprenditori, reperiti nella banca dati del ministero degli interni, che sarebbero state commissionate in questo caso dallo stesso Scatolini, detto ‘Stencio’, rindagato per riciclaggio e altre accuse con l’aggravante del metodo mafioso. Per questo l’autorità giudiziaria di Busto Arsizio aveva emesso nei confronti del carabiniere un altro provvedimento restrittivo in carcere, che andava ad aggiungersi a quello già spiccato dal gip milanese Luigi Varanelli.