Brugherio, in aula parla Paparo«Io un capo della ‘ndrangheta?»

Brugherio – «Se fossi un capo della ‘ndrangheta, non avrei subito tutto quello che mi è successo in questi anni». Toni pacati, raramente alterato nella voce, la parola è passata a Marcello Paparo, l’imputato numero uno nel processo che vede lui, e altre tredici persone (tra cui alcuni familiari), alla sbarra davanti al tribunale di Monza con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. E’ stato solo l’inizio di un’audizione fiume, quella del brugherese originario di Crotone, 46 anni, laureato in economia e commercio, attualmente detenuto presso il carcere di Monza assieme al fratello Romualdo, contrassegnata da qualche momento di tensione fra il pm Mario Venditti, della procura distrettuale antimafia, che lo ritiene il capo di un clan mafioso con base tra Brugherio e Cologno Monzese, e gli avvocati della difesa.

«In questi anni sono stato vittima di molti episodi, mi hanno sparato, hanno rubato nella mio ufficio, a casa mia, un mio dipendente ha subito tre agguati». Sui possibili retroscena, sui motivi di tanta violenza nei suoi confronti, Paparo ha però opposto risposte sfuggenti, tanti “non so”, oppure “non me lo spiego”. Quello che, però, l’accusa ha cercato di far emergere, è che dietro queste vicende esiste un mondo malavitoso il cui quartier generale risiede in Calabria, a Isola di Capo Rizzuto (Crotone). Il personaggio, sarebbe stato coinvolto in una sanguinosa faida intercorsa negli anni tra le cosche degli Arena e dei Nicoscia.
Federico Berni