Assolombarda: passare dalla tutela del posto di lavoro a quella dell’occupabilità

Un convegno a Milano di Assolombarda per parlare di politiche attive del lavoro. Per gli industriali si deve passare dalla tutela del posto a quello dell’occupabilità del lavoratore. I dubbi della Cgil.
Alessandro Spada, presidente di Assolombarda
Alessandro Spada, presidente di Assolombarda

Le politiche attive non devono riguardare l’ultimo miglio di un percorso lavorativo, ma l’intero viaggio professionale di un lavoratore, soprattutto in un mercato del lavoro in continua evoluzione dove il concetto del posto fisso risulta oramai superato dall’idea di un percorso da un’azienda all’altra, da diverse forme contrattuali possibili e da cambiamenti di professione.

Aspetti emersi nel convegno “Le politiche attive nei moderni mercati transizionali del lavoro” organizzato mercoledì mattina da Assolombarda nella sua sede milanese. «È necessario creare una nuova cultura delle politiche attive, passando dal concetto di tutela del posto di lavoro a quello della tutela dell’occupabilità delle persone – ha dichiarato il presidente di Assolombarda Alessandro Spada – Le politiche attive devono essere considerate strumenti a beneficio di tutti: occupati, inattivi e disoccupati. Non devono entrare in gioco solamente quando il lavoratore esce dal mercato del lavoro ma devono accompagnare il lavoratore lungo tutto il percorso professionale. E questo è possibile attraverso la formazione continua: se puntiamo sulle competenze, rafforziamo la logica dell’occupabilità del lavoratore».

Secondo Spada «la formazione è la migliore infrastruttura sociale. Se vogliamo lavorare per una visione moderna del mercato del lavoro che tuteli davvero le persone è fondamentale passare dalla “cultura dell’assistenza” al “valore del lavoro”. Per raggiungere questo traguardo e per risolvere un problema che le imprese si trovano ad affrontare quotidianamente, ovvero il mismatch tra domanda e offerta del mercato del lavoro, dobbiamo puntare – anche grazie ai 5 miliardi del Pnrr – ad una riforma del sistema del lavoro che dia maggiori garanzie attraverso politiche attive che siano realmente efficaci per la ricollocazione e la mobilità professionale».

L’evento è stato l’occasione per presentare la ricerca “Le politiche attive nelle imprese e le best practices dei territori”, realizzata in collaborazione con Fondazione Adapt, con l’obiettivo di elaborare una visione moderna del tema delle politiche attive, frutto di un confronto diretto con 46 imprese dei territori delle province di Milano, Monza Brianza, Lodi e Pavia che danno lavoro a circa 26.000 persone.

Seppur manifestando alcune difficoltà (pochi gli strumenti di supporto offerti alle imprese; insufficienti, nei casi di riduzione del personale, gli strumenti di riqualificazione dei lavoratori licenziati e i percorsi di ricollocazione proposti o finanziati dal pubblico), le imprese hanno ben chiaro che le politiche attive non sono strumenti e misure utili solo a reinserire disoccupati nel mercato del lavoro ma anche per la formazione dei lavoratori (sia in termini di upskilling e reskilling) e per lo sviluppo delle carriere, all’unisono con i processi di riorganizzazione che le imprese sempre più spesso devono affrontare nel corso di profonde transizioni verso il digitale e l’economia green. In pratica, dalla ricerca emerge che le politiche attive devono seguire una logica anticipatoria, non riparatoria, e rivolgersi a tutti i lavoratori.

Uno sguardo ai più giovani è stato dato da Monica Poggio, vicepresidente di Assolombarda con delega a università, ricerca e capitale umano: «Oggi la maggior parte dei giovani pensa che il lavoro vada cercato dopo aver concluso gli studi – ha detto – occorre, invece, preoccuparsi durante, cercando di agganciare i propri studi a un possibile lavoro. Questo è indispensabile in un paese come il nostro dove vi è un gap evidente tra percentuale di disoccupati e aziende che non riescono a trovare personale qualificato e dove il numero di laureati è più basso rispetto ad altri stati europei».

Massimo Bonini, segretario Generale Cigl Milano ha messo in guardia sui possibili pericoli della formazione legata alle politiche attive: «Si rischia di intervenire solo su chi è già in qualche modo formato e vuole migliorarsi lasciando indietro le fasce di lavoratori più deboli».