Brugherio – C’è il commissariato di polizia di Gioia Tauro dietro l’arresto eseguito mercoledì a Brugherio. Il 22enne gioiese Giuseppe Forgione, ospite dello zio brugherese, è finito in manette con l’accusa di rissa aggravata, quella stessa rissa che l’8 luglio scorso aveva preceduto l’omicidio del 28enne Vincenzo Priolo, colpito da arma da fuoco a Gioia Tauro. Forgione e gli altri tre uomini arrestati dalla polizia all’alba di mercoledì in tutta la penisola non avrebbero un ruolo materiale nella morte di Priolo, ma il loro arresto potrebbe offrire agli inquirenti una strada per rintracciare l’esecutore materiale dell’omicidio. Forgione è partito dalla Calabria qualche giorno fa, presumibilmente per far visita allo zio che abita in città. Al momento, sembra da escludere che stesse cercando di nascondersi: la sua partenza infatti ha preceduto l’ordinanza di carcerazione emessa dal gip di Palmi Paolo Ramondino su richiesta della procura.
A fermarlo sono stati gli uomini della mobile di Milano, su delega dei colleghi di Gioia Tauro. Lo hanno trovato prima dell’alba nell’abitazione del parente che però, in quel momento, non era in casa e che potrebbe anche non conoscere nulla delle responsabilità del nipote. Non ha opposto resistenza ed è stato trasferito in carcere. Stessa sorte, contemporaneamente, toccava agli altri tre uomini coinvolti nella rissa: il 21 enne Domenico Romagnosi e Francesco Bagalà, fermati a Gioia Tauro, e il 34enne Vincenzo Marcianò fermato a Villa Crosia, in provincia di Imperia. Dovranno rispondere dell’accusa di rissa aggravata e potrebbero anche fornire elementi utili all’arresto dell’omicida che dopo la rissa sparò quattro colpi di pistola contro Priolo. Sebbene la vittima fosse lontanamente collegata a famiglie della ‘Ndrangheta reggina, sembra che la criminalità organizzata non abbia nulla a che fare con il pestaggio e l’omicidio. All’origine della rissa, secondo la polizia, ci sarebbero motivi personali, forse legati a questioni di microcriminalità.