Arcore, dormiva sulla panchinaAdesso ha un lavoro e un letto

Lieto fine in salsa natalizia per l'odissea di Enrico Piceno, 35enne di Parabiago rimasto senza lavoro e finito a dormire su una panchina del cimitero di Arcore. Sotto l'albero, dopo mesi di vita all'aperto iniziati a luglio, c'era un alloggio e perfino un posto di lavoro.
Arcore, dormiva sulla panchinaAdesso ha un lavoro e un letto

Arcore – Lieto fine in salsa natalizia per l’odissea di Enrico Piceno, 35enne di Parabiago rimasto senza lavoro e finito a dormire su una panchina del cimitero cittadino. Sotto l’albero, dopo mesi di vita all’aperto iniziati a luglio, c’era un alloggio e perfino un posto di lavoro. Le buone notizie, a dire il vero, sono arrivate prima di Natale. Piceno ha messo fine alle notti nel sacco a pelo fuori dal camposanto, accettando l’invito della direzione della Knorr Bremse, azienda vicina a via Pace.

Gli imprenditori hanno gli hanno dato la possibilità di dormire in un’area destinata alle guardie, tra le 10 di sera e le 6.30 del mattino. Le giornate Piceno le ha sempre trascorse con un altro imprenditore benefattore, Angelo Redaelli, 46 anni, gestore del Bar Campagna di via Battisti. L’arcorese, insieme alla sua compagna, ha praticamente adottato il 35enne dandogli da mangiare o offrendogli un po’ di compagnia. È con lui e i suoi parenti che Enrico Piceno ha trascorso il Natale, mangiando pesce e lavando i piatti in cucina, come un membro della famiglia. E c’è ancora lui, Redaelli, dietro a quel posto di lavoro arrivato come manna dal cielo prima di Natale. “Ho saputo che un amico aveva rifiutato un posto a La Ca’ -ha raccontato Redaelli- e così ho mandato là Enrico. Da quel momento in poi è lui che deve giocarsela e fare un buon lavoro”. Si tratta di un piccolo produttore di cancelli, un’azienda familiare presso la quel Piceno, carpentiere, potrebbe diventare l’uomo di fiducia.

Per il momento tutto pare filare liscio. Il contratto di prova scade in questi giorni ma sembra che per gennaio, dopo le ferie, ce ne sia pronto uno nuovo. Forse il peggio è passato, insomma, e senza neppure l’aiuto delle istituzioni che su questo fronte, strette dalla crisi, non hanno potuto fare molto. Il bello della brutta storia di Enrico Piceno, il 35enne figlio di mamma tedesca e di papà pugliese che si è conquistato la simpatia di tutto il quartiere sta proprio qui: sta nella eccezionale rete solidale che lo ha protetto nei mesi più difficili garantendogli qualcosa di simile a una famiglia. I traguardi non sono ancora tutti tagliati, il posto di lavoro non è fisso e la soluzione per la notte deve essere trovata, ma anche Redaelli, uomo di poche parole e nemico dei riflettori, esprime il suo ottimismo: “ora basta che Enrico si giochi bene l’occasione che ha e che metta da parte qualche soldo. L’importante è trovare un alloggio, anche un monolocale che gli dia autonomia”.
Valeria Pinoia