Agrate – Dalla richiesta di cassa integrazione al licenziamento di due dipendenti. È scontro frontale tra sindacati e Msm, piccola azienda di Agrate Brianza con una decina di lavoratori che produce quadri elettrici per ascensori, che lo scorso 28 aprile ha licenziato per giusta causa due lavoratrici: «Un atteggiamento che non trova giustificazione», ha denunciato lunedì scorso Claudio Cerri, segretario generale di Fiom Cgil Brianza dalla Camera del lavoro di Monza, alla presenza di Daniela Cacciola, 37 anni e Nadia Mantineo, 52 anni, che rispettivamente dopo quindici e cinque anni, sono state allontanate dall’azienda «senza alcuna ragione o motivo».
Una vicenda che è iniziata con una richiesta di apertura di cassa integrazione da parte di Msm lo scorso aprile «di cui – ha spiegato Elena Dorin di Fiom Cgil – non siamo stati informati direttamente dall’azienda che, inoltre, aveva convocato la Fim Cisl ma non noi». In seguito anche Fiom riceve una raccomandata a mezzo fax «dopodiché – ha proseguito Dorin – abbiamo effettuato un’assemblea con i lavoratori per discutere della richiesta di cassa integrazione, seguita una settimana più tardi da un incontro con l’azienda». Il 28 aprile Cacciola e Mantineo ricevono la lettera di licenziamento: «Prima della richiesta di apertura della cassa – ha precisato Dorin – i sindacati non erano presenti in azienda e solo in seguito a questo evento le due lavoratrici sono state le uniche ad iscriversi alla Fiom. E poi sono state licenziate». Un fulmine a ciel sereno per Cacciola e Mantineo: «Il lavoro in effetti era calato, ma non crediamo che il nostro licenziamento basti a risanare l’azienda».
Cerri lancia un appello: «Siamo ancora disponibili ad un confronto, ma a patto che venga revocato il licenziamento. In caso contrario andremo davanti al giudice del lavoro». Scuote il capo Giuseppe Manco, titolare della Msm: «Siamo in crisi profonda – ha spiegato – Il nostro fatturato è passato da 3 milioni di euro a 300 mila euro in pochi anni, tanto che da 17 dipendenti siamo scesi a una decina». E per il genere di attività alcuni di loro sono indispensabili: «Quando abbiamo chiesto l’apertura della cassa per cinque dipendenti, ci siamo resi conto che ci sarebbero comunque costati il 40% tra indennità, tfr, tredicesima e quattordicesima, perciò abbiamo optato per un taglio, sacrificando due figure non indispensabili. Poi un dipendente ha preso 4 mesi di paternità e intanto si cercherà un nuovo posto, altri due sono a tempo determinato, ma vorremmo confermarli. Tornare indietro? Difficile. E trattare non significa imporre dei diktat».
L.S.