Non è il Napoli l’avversario per testare le ambizioni di salvezza del Monza. Questo è chiaro. Forse proprio per la potenza dell’undici partenopeo, la squadra di Stroppa è apparsa molto più spaesata rispetto al debutto con il Torino.
Monza, il punto tattico: difficoltà a superare la metà campo
Nel primo quarto d’ora, in particolare, i biancorossi hanno avuto difficoltà a superare la metà campo, per non dire ad uscire dalla propria area di rigore. In questo, la sana, vecchia e sempre proficua palla lunga avrebbe certamente sortito migliori risultati rispetto alla costruzione dal basso che, se in Serie B è stata uno dei marchi di fabbrica del Monza della promozione, in Serie A deve essere il progetto principale ma sempre affiancata alla fase di alleggerimento e scarico della pressione, specialmente contro le grandi squadre.
Un esempio pratico, ad inizio primo tempo Marlon rinuncia addirittura al rinvio appoggiando la palla in fallo laterale all’altezza del lato corto della propria area di rigore perché pressato e senza sbocchi tra esterni e centrocampisti. Temporeggiando sul rinvio, ha concesso al Napoli una rimessa laterale in zona piuttosto interessante. È vero che il Monza non ha grandi fisici sui quali appoggiarsi (e specialmente a centrocampo si è notata la mancanza di centimetri e chili), ma Petagna sostanzialmente è in campo per quello.
Monza, il punto tattico: sopravvissuto alla prima mezzora
Eppure l’undici scelto da Stroppa, che ha dovuto fare a meno dei titolarissimi Pablo Marì, Carlos Augusto, Pessina e Mota Carvalho ai quali si sommano gli infortuni di D’Alessandro e Andrea Ranocchia e le precarie condizioni di diversi giocatori, è sopravvissuto alla prima mezzora del Napoli ed è caduto solamente su una prodezza di Kvaratskhelia, agevolata però da un cattivo posizionamento e dalla lenta reazione di Filippo Ranocchia.
Monza, il punto tattico: gli esterni
Sulla mappa delle posizioni difensive del Monza, si nota chiaramente lo schieramento con gli esterni Birindelli e D’Alessandro più vicini ai rispettivi braccetti e schiacciati verso la linea difensiva, frutto di una pressione napoletana che ha alzato di molto il baricentro in fase di non possesso rispetto a quanto i biancorossi erano abituati in cadetteria. Oltretutto, in quelle occasioni in cui il Monza ha superato la prima linea di pressione in uscita sono stati moltissimi gli errori di esecuzione oltre che di concetto; lo stesso Caprari, uno molto forte in campo aperto, ha tentennato sulle decisioni, perdendo buone occasioni. La cosa migliore della partita si è vista verso fine primo tempo, quando la squadra è riuscita a triangolare velocemente al limite dell’area per arrivare alla conclusione, finita larga, di Sensi.
Monza, il punto tattico: manca il piano B
È parsa evidente la mancanza di un piano B. Il Napoli ha aggredito il Monza e l’ha messo in difficoltà con il possesso, poi ha lasciato giocare la squadra di Stroppa e l’ha messa in difficoltà cambiando velocità in campo aperto. Il Monza invece ha cercato di guadagnare terreno con il palleggio, ma ha sbagliato troppo spesso le soluzioni tecniche ed alla fine non è stato in grado di creare nulla. Non può passare l’idea che basti avanzare la linea di pressione per mettere in difficoltà la squadra di Stroppa, soprattutto alla seconda giornata. Di tempo per migliorare e per studiare soluzioni alternative ce n’è più che a sufficienza.