«Ricorderò a Ecclestone il valore di Monza». Sergio Marchionne si era schierato così, a settembre 2015, quando l’esistenza stessa del Gran Premio di Formula 1 era stata messa in dubbio nel corso delle trattative per il rinnovo del contratto, per salvare una delle gare storiche del circo dei motori. Il numero uno di Fca e Ferrari non era uno degli attori della trattativa, ma ha fatto pesare il suo parere.
Ivan capelli
«Ha fatto capire – spiega l’ex pilota Ivan Capelli – che Monza per lui e per la Ferrari era il Gran Premio di casa e che, quindi, la Ferrari non poteva permettersi di non correre in casa propria». Il ricordo di Marchionne, morto a Zurigo a 66 anni, tocca non solo la Fiat e i cambiamenti epocali che la sua guida ha portato nella casa automobilistica, ma anche la storia di Monza e del suo autodromo. Quando la Ferrari veniva a correre a Monza arrivava anche lui, pronto a calarsi nell’atmosfera del team, al quale non ha disdegnato secchi rimproveri in occasione di prestazioni non proprio all’altezza della fama del marchio. Aci Milano ha già annunciato che organizzerà una mostra nella sua sede storica di corso Venezia con immagini e documenti relativi anche al circuito monzese. Comunque si giudichi il suo operato di certo ha lasciato un segno indelebile nel settore automobilistico. Lo confermano anche le aziende brianzole dell’automotive, un comparto in cui la provincia di Monza è particolarmente attiva tanto da costituire un centro di eccellenza a livello mondiale per i sistemi di fissaggio dei motori con un giro d’affari, secondo i dati della camera di commercio, da 1,1 miliardi di euro.
Fontana e Agrati
I due gruppi più importanti, Fontana e Agrati, tutti e due con sede a Veduggio con Colzano, lavorano entrambi con Fca. «Non l’ho conosciuto personalmente – spiega Giuseppe Fontana, ceo del gruppo Fontana – anche se lo ho incrociato più volte in occasioni pubbliche: al di là delle capacità di cui tutti sappiamo ha fatto fare un grande passo in avanti alla Fiat e a tutto il Paese. L’operazione con la Chrysler è stata un faro per tutti. Una persona concreta, che parlava con cognizione di causa e grande padronanza». Il ricordo di Paolo Pozzi, amministratore delegato di Agrati Group è invece legato soprattutto a un progetto particolare voluto da Marchionne e che ha avuto ripercussioni dirette sull’attività della società brianzola. «Sua è stata la scelta di riposizionare il brand Alfa Romeo – spiega Pozzi – realizzando ad esempio la nuova Giulia. Per noi ha rappresentato un’esperienza molto importante di business e codesign per la progettazione». Marchionne aveva mobilitato gli ingegneri per rivitalizzare marchi come Alfa e Maserati. Un piano di azione in cui l’Agrati è stata coinvolta, per quanto le compete, a livello di consulenza e di fornitura di pezzi. «Da quando è arrivato Marchionne siamo cresciuti con Fiat -chiosa Pozzi- Siamo cresciuti con loro anche perchè hanno acquisito Chrysler e noi abbiamo acquisito una società Usa che lavora con Fca». La collaborazione, insomma, è andata di pari passo anche sul versante americano.
Le conferenze stampa a Ginevra
Pinuccia Susani, monzese e responsabile dei rapporti con i media italiani per il Salone Internazionale dell’Auto di Ginevra, lo ricorda così: «Al Salone il gotha automobilistico è sempre presente con Presidenti ed Amministratori Delegati. Ho avuto modo di assistere spesso all’andirivieni di giornalisti italiani e di sentirmi spesso dire : ’Stiamo andando alla conferenza Volkswagen, Mercedes oppure Toyota’. Mi venivano sempre enunciati soltanto i marchi. Un solo nome faceva la differenza tra i giornalisti italiani: ’Tra pochi minuti parla Marchionne’. Oppure ’Andiamo da Marchionne! ’, mi dicevano. Nessuno citava il marchio della Casa, ma tutti facevano riferimento soltanto al nome del suo Amministratore Delegato».
Ma ha anche un altro ricordo di lui, relativo al primo incontro: «Avvenne dieci anni fa al Teatro Regio di Torino, quando lo vidi assistere, solo in una poltrona delle prime file, a un concerto della Banda dell’Arma dei Carabinieri. Mi disse che amava molto i Carabinieri, senza approfondirne il motivo, che ho scoperto successivamente: era figlio di un maresciallo dei Carabinieri, come ripeté con orgoglio filiale in occasione della sua ultima apparizione in pubblico il 26 giugno, quasi avesse voluto rendere onore a suo padre carabiniere, in segno di gratitudine, prima di spiccare il volo verso il cielo, per raggiungerlo»