Si allungano i tempi per una decisione sul destino della Icar, l’azienda di apparecchiature elettriche di alta potenza, in liquidazione (poco meno di duecento i lavoratori tra la sede principale di Monza, via Isonzo, e quella secondaria di Villa d’Adda).
Nei giorni scorsi l’ennesimo incontro tra i rappresentanti sindacali e il liquidatore della società, il quale si è preso ancora qualche giorno per comunicazioni ufficiali.
Un segnale che, paradossalmente, potrebbe essere interpretato come positivo. Il liquidatore avrebbe confermato, ancora una volta, l’interesse con alcuni soggetti industriali (pare tre) interessati a rilevare l’azienda e questo potrebbe giustificare l’allungarsi dei tempi: eventuali acquirenti potrebbero richiedere scadenze adeguate per poter condurre la due diligence sull’azienda, che vive da tempo una crisi di tipo finanziario più che industriale.
Di commesse sembrerebbe che ce ne siano, e anche da parte di clienti non piccoli, ma sull’azienda pesa la situazione finanziaria che impedisce un corretto svolgersi dell’attività produttiva. I fornitori non sembrano disposti a concedere fiducia, d’altra parte senza le forniture l’azienda non può soddisfare le commesse e senza soddisfare le commesse scarseggiano le entrate. Il gatto che si morde la coda, insomma.
Una doccia gelata è arrivata a inizio febbraio quando il tribunale fallimentare di Milano ha respinto la richiesta di amministrazione straordinaria presentata dal liquidatore, sul presupposto che mancano i requisiti numerici (almeno 200 dipendenti).
Per i sindacati resta la priorità della salvaguardia dell’occupazione. L’azienda lavora al 40% della sua potenzialità. Intanto per i dipendenti che hanno lavorato, è stato pagato lo stipendio di gennaio. Per gli altri, cassa integrazione: con i tempi di erogazione dell’Inps.