Un tempo – lontano – doveva essere ben diverso: bastava alzare lo sguardo e guardarsi attorno per farsi abbracciare da quel ventaglio di montagne che osservano pazienti tutto quello che accade in pianura. Ora case, condomini e palazzi tendono a nasconderle ma offrono un vantaggio: quelle volte che appaiono là in fondo, magari soltanto perché si sta viaggiando su viale Industrie a Monza, sono una nuova sorpresa.
Eppure: che cosa sono? Sì, d’accordo: il Resegone. A Vimercate hanno pure realizzato una scultura su una rotonda che ne ripercorre a valle il profilo in lontananza. Ma non basta: da sinistra a destra quelle montagne sono pur qualcosa, hanno nome cognome, hanno aspettato silenziose che i lombardi nei secoli andassero a trovarle.
Per tutti quelli che osservano e anche una sola volta si sono chiesti “ma come si chiamano?”, ora c’è un libro. Anzi: un vero atlante delle montagne che si possono osservare dalla città, Alpi e Appennini, qualche volta osservate da terra (al parco) e altre dai punti più alti, come gli ultimi piani dell’ospedale San Gerardo e dal campanile del duomo di Monza.
Si chiama “Le montagne visibili da Monza” (2018, 267 pagine, 20 euro, al Libraccio, Libri e Libri e Istituti Nuovi) ed è stato realizzato da Pompeo Casati con Angelo Arienti ed Eugenio Cappelletti mostrando una immagine di cosa si vede dalla città e andando poi a vedere sul posto cosa si sta guardando. Insieme avevano già pubblicato il volume dedicato alla torre campanaria del duomo e ai panorami (urbani e naturali) che si possono osservare da lì.
Ed è stato quello il motore del nuovo volume. «Alcuni anni fa siamo saliti sul campanile del duomo e dalla cella campanaria abbiamo fotografato le montagne e la città Monza – spiega Pompeo Casati – . Nella pubblicazione del 2012 “La Torre Campanaria del Duomo di Monza. Panorami su Città, Brianza, Montagne” abbiamo inserito molte fotografie scattate dal campanile. Negli anni seguenti da altri punti di Monza abbiamo scattato molte foto delle montagne visibili. Abbiamo selezionato alcune di esse e siamo andati a vederle e fotografarle da vicino, se possibile anche raggiungendone la vetta».
Un lavoro lungo, lunghissimo, spiega Casati, se si considera tutto il periodo di tempo in cui sono state scattate le foto. «Le montagne di cui non avevamo immagini sono state raggiunte in escursioni negli anni 2011-2018. Il lavoro di selezione della grande quantità di immagini raccolte e di elaborazione dei testi e di allestimento delle mappe relative alle varie suddivisioni delle Alpi è durato diversi mesi».
Per identificare le montagne più vicine gli autori – bagaglio di conoscenze alla mano – hanno lavorato direttamente sulle immagini («chi non riconoscerebbe il Resegone, le Grigne, il Bolettone o i Corni di Canzo?») mentre per le altre, fino a 200 chilometri in linea d’aria, sono state utilizzate software disponibili in Rete che disegnano i profili delle montagne con i relativi nomi così come si vedono dal punto in cui è stata scattata l’immagine, punto del quale si devono fornire latitudine, longitudine e quota sul livello del mare.
«Le nostre foto sono state scattate dal campanile del duomo, dai piani alti dell’ospedale: in entrambi casi da circa 50 metri dal suolo. Altre foto sono state prese da piani alti di abitazioni private. Da terra in città ci sono pochi posti da cui si vedono montagne, perché occorrono aree prive di costruzioni. Questi spazi liberi si trovano quasi solo in alcuni punti del parco».
Un peccato? «A mio parere non sarebbe opportuno costruire grattacieli a Monza e in Brianza» chiosa Casati, ma aggiunge: «In Brianza è stato costruito, con lavori durati parecchi anni, il grattacielo alla periferia di Desio. Per ora sembra l’unico esistente tra Monza e le montagne più vicine» e d’altra parte il volume si chiude con un capitolo dedicato alle “nuove motagne” di ferro e cemento che funzionano al contrario: diventano punti di riferimento per gli escursionisti per identificare luoghi in pianura.
E cosa allora è impossibile vedere? «Da Monza il Cervino e il Monte Bianco. Il Bianco è occultato dalle montagne del Biellese mentre il Cervino è nascosto dal Monte Rosa: per poterlo vedere occorre andare più a nord, sulle Grigne».