La Lega torna a chiedere con un atto formale la restituzione degli arredi originali della Villa reale di Monza, che sono stati trasferiti in altre sedi dai Savoia dopo la morte di Umberto I – e la chiusura della Reggia – e poi entrati nel patrimonio dello Stato con la Repubblica. Non è la prima volta che il partito chiede il rientro a Monza dei mobili che un tempo sono appartenuti all’ex famiglia reale: una analoga mozione del consigliere regionale leghista Alessandro Corbetta era stata approvata a gennaio del 2021, senza alcun esito.
Questa volta lo ha fatto Paolo Grimoldi, parlamentare leghista che ha presentato una interrogazione diretta ai ministri degli Affari esteri e della Cultura chiedendo loro, si legge in una nota del partito, di di valutare la possibilità di far tornare gli arredi all’interno dello storico palazzo. “Sarebbe opportuno che questi arredi fossero riassegnati a Villa reale per fare in modo che, almeno una parte degli stessi, possa tornare alla sua sede storica – ha detto Paolo Grimoldi – chiedo quindi formalmente ai ministri agli Affari Esteri e alla Cultura, per quanto di competenza, di assumere le iniziative necessarie per la restituzione di questi arredi alla loro sede originaria. Si tratta, a mio avviso, di una giusta battaglia di civiltà e di correttezza storica, artistica e culturale”.
Villa reale di Monza: Grimoldi scrive ai ministri
“Riportiamo Villa reale al suo originale splendore, completando il lungo lavoro iniziato nel 2003, con l’indizione del Concorso internazionale di progettazione per il recupero e la valorizzazione del prestigioso palazzo e dei suoi splendidi giardini” cioè l’assegnazione al privato della concessione poi naufragata un anno fa con l’allontanamento del privato da parte del Consorzio Villa reale e Parco. Un progetto che, annota ancora Grimoldi, è “proseguito negli anni successivi con l’Accordo strategico e, finalmente, l’apertura al pubblico della Reggia. Il prossimo passo sarebbe quello di riuscire a riportare all’interno della loro sede storica gli arredi originali, che oggi si trovano in alcune sedi istituzionali italiane, tra cui ministeri e prefettura, e anche in diverse ambasciate all’estero”.
Villa reale di Monza: dove sono finiti gli arredi
A febbraio 2021 il Centro documentazione residenze reali lombarde stava completando l’indagine “Gli arredi monzesi al Palazzo del Quirinale. Esiti della ricognizione inventariale” che ha permesso di tracciare il destino di gran parte dei mobili appartenuti alla Reggia e poi finiti in altre sedi.
Una pubblicazione – ha scritto all’epoca il Cittadino a firma Rosella Redaelli – che fa chiarezza sulla storia di circa 200 mobili (ma c’è un gran numero di sedie e sedute) di cui si allega una tabella che ne ripercorre la storia. «Grazie ai numeri inventariali – spiega Rosa- siamo in grado di dire in quale sala si trovasse un mobile nell’anno dell’inventario del 1881 e dove si trovasse nel 1908».
La data che fa da spartiacque nel destino del mobilio regio è quella del regio decreto del 3 ottobre 1919 quando, in un’Italia da poco uscita dal primo conflitto mondiale, re Vittorio Emanuele III decide la cessione di buona parte del patrimonio della Corona al Demanio dello Stato. «Poco prima di firmare il decreto – prosegue Rosa – dà però incarico al Majnoni, architetto di corte di selezionare a Monza una serie di pezzi ritenuti di particolar pregio che potessero arredare a Roma gli appartamenti del gran scudiero e alti dignitari al Quirinale. Una decisione che ha permesso di preservare decine di pezzi di grande valore». Finiscono così a Roma e poi nelle sedi delle ambasciate italiane nel mondo decine di arredi: mobili, ma anche quadri, tappeti, suppellettili.
Villa reale di Monza: gli arredi, o “le loro copie”
Paolo Grimoldi, parlamentare e peraltro capolista della Lega nelle elezioni comunali del 12 giugno 2022, torna ora a chiedere la difficile restituzione, affiancato dalla consigliere comunale Laura Capra che è anche consigliera provinciale. “Si tratta, a mio avviso, di una giusta battaglia di civiltà e di correttezza storica, artistica e culturale” dice Grimoldi, mentre per Capra, che si dice “consapevole della difficoltà della richiesta” ma non per questo ritiene di “desistere dal raggiungere l’obiettivo”, per quanto non ottenuto si potrebbe pensare “per tutti quei pezzi di arredo che siano oggi irreperibili o non trasferibili” di “poterla arricchire con copie dell’originale mobilio: poter tornare a godere di ogni sala, com’era all’apice del suo splendore”.