Lissone, l’anno 1961 e Joan Mitchell Premio d’arte con giallo in Brianza

È stata l’edizione più prestigiosa del premio internazionale d’arte di Lissone. La giuria presieduta da Argan, Ungaretti all’inaugurazione, un milione di lire in palio. Era il 1961. Vinse l’espressionista astratta Joan Mitchell. Ma il suo quadro è sparito. Una mostra con mistero da sabato primo febbraio al 30 luglio 2014.
Una pagina del Cittadino del 1961, con l’annuncio dei vincitori del premio Lissone
Una pagina del Cittadino del 1961, con l’annuncio dei vincitori del premio Lissone

«Palazzo del Mobile di Lissone, 29 ottobre 1961. Alla presenza di Ungaretti si inaugura l’esposizione del XII Premio Lissone».

Inizia così il racconto e sembra un giallo. Perché un giallo è, d’altra parte. Quello della più prestigiosa edizione del premio internazionale, con le avanguardie internazionali sbarcate in Brianza e appese sulle pareti del Palazzo del mobile, Argan a presiedere la giuria, un milione di lire in palio per il vincitore.

Un milione, nel 1961: quando il caffè al bar costava 50 lire, il giornale 30, un giorno in pensione completa a Rimini 600 lire e lo stipendio di un operaio era di 47mila lire.

De Kooning, Francis, Kline, Mathieu, Pollock, Riopelle, Rothko e Tobey. E poi Bluhm, Frankenthaler, Gottlieb, Jenkins, Johns, Mitchell, Morris, Noland, Rauschenberg. Sono loro alcuni degli artisti presenti alla mostra. E po i Joan Mitchell, americana, rappresentante della seconda generazione di espressionisti astratti, che allora viveva a Parigi. Vince lei. È un premio acquisto, la tela dovrebbe entrare nelle collezioni del museo. Ma non è così. Quel quadro è sparito. Nessuna traccia. E di questo mistero, oggi, il Museo di Lissone ne fa una mostra: “Lo strano caso di Joan Mitchell”, curata dal direttore Alberto Zanchetta, che apre sabato primo febbraio (inaugurazione alle 18) con la partnership del Cittadino di Monza.

È una mostra per sottrazione: il protagonista – il quadro vincitore – non c’è. «Sotto l’egida di Guido Le Noci, allora segretario del premio, la manifestazione verrà ricordata come la più importante tra tutte quelle organizzate nell’arco di un ventennio – scrive il museo presentando la mostra – . Quando nel 1995 Roberta Cloe Piccoli cura il catalogo della collezione del Premio, non viene fatto cenno ai premi conferiti nel 1961, eccetto quello assegnato a Mario Schifano». C’è un verbale che ne parla, quello della giuria: la commissione presieduta da Argan era formata da Brandi, Gamzu, Haftmann, Leymarie, Restany, Spiteris e Valsecchi, «i quali restringono la rosa dei candidati a Gottlieb, Mitchell, Moreni, Scialoja, Twombly».

«Dopo ulteriori esami, il premio viene conteso tra Mitchell e Twombly, infine, con uno scarto di un solo voto, vince la giovane Mitchell». Marco Valsecchi ne parla sul “Tempo” del 25 novembre 1961: «È emersa l’americana Joan Mitchell col suo dipinto che si ricollega, con spirito moderno, ai grandi Giardini di Monet, dell’ultimo prodigioso Monet del periodo di Giverny».

«Difficile dire se lo scrittore avesse torto o ragione, perché di quell’opera non c’è traccia alcuna nelle collezioni del Mac di Lissone – scrive Zanchetta -. Cosa ancor più strana, nel catalogo del 1961 la Mitchell è citata soltanto nell’elenco dei partecipanti, non esiste infatti nessuna riproduzione fotografica dell’opera, né alcuna dicitura che ne riporti il titolo, la tecnica e le misure. Neppure negli archivi del comune, né in quelli della biblioteca civica e della Famiglia Artistica Lissonese esistono materiali o informazioni in merito. Diversamente da tutte le altre opere che si sono aggiudicate il Gran Premio Internazionale, e che oggi si trovano nel caveau del museo, nessuno ha saputo dare spiegazioni sull’assenza del dipinto di Joan Mitchell. Da molti anni ormai questo dilemma affligge la città di Lissone ed è inutile continuare a sperare di poter far luce sullo strano caso di Joan Mitchell».

Il museo ha affidato a Gabriele Di Matteo e Andrea Facco di “colmare il vuoto”. Come, lo si può scoprire dal primo febbraio al 30 luglio (ingresso libero, in viale Padania 6).