Le date sono quelle di un algoritmo: la nascita nel maggio del 1896, la morte, a Brugherio, nell’aprile del 1956 e una mostra, nella città in cui ha speso i suoi ultimi anni, nel 2016. La regola del 6 attraverso tre secoli si intitola “Filippo de Pisis, il colore e la parola”, la mostra che palazzo Ghirlanda Silva ospita fino all’11 dicembre per raccontare non solo attraverso le sue opere, ma anche con gli scritti e i documenti, quanto centrale, al di là del suo lascito, sia stata la sua arte nello svincolo della prima metà del Novecento in Italia.
Sono Simona Bartolena e Armando Fettolini a curare il progetto patrocinato da Regione Lombardia, Comune di Brugherio e Spazio Heart: il tentativo di descrivere a tutto tondo un autore al quale «spesso è venuto di dire che non amo che i quadri che non ho dipinto. Amo viceversa, lasciatemelo dire, alcune mie liriche pressoché inedite e che son sicuro troveranno un giorno il loro critico e esegeta».
Bisogna imparare a leggere quelle nature morte, i paesaggi e i ritratti che de Pisis si è lasciato alle spalle e capire perché, ancora in vita, sia stato così ampiamente vittima dei falsi: incarnava la novità e un nuovo modo di intendere la pittura così come Gozzano prima e Montale poi avevano riscritto l’alfabeto della poesia nel primo Novecento, così come Carrà, Savinio e de Chirico avevano cercato di offrire una tavolozza nuova alle arti figurative. Luigi Filippo de Pisis è lì, in un mondo che cercava un nuovo mondo, figlio della lezione degli impressionisti e delle avanguardie del Novecento e attento a non diventarne un semplice emulatore.
«La mostra acquisisce un senso tutto particolare e non si limita a voler ripercorrere la produzione dell’artista attraverso l’esposizione di una serie di dipinti raccolti tra collezioni ed enti pubblici e privati, ma intende anche e soprattutto fare luce sull’uomo de Pisis, alla scoperta di una personalità unica, diversa nel senso più moderno e complesso del termine».
È la storia di un uomo «curioso, egocentrico, inquieto, un uomo che conosceva la leggerezza e la futilità – scrive Bartolena – ma frequentava il dubbio e la sofferenza, costantemente in cerca di qualcosa, in cerca di una bellezza assoluta, fuori dagli schemi imposti eppure universale».
«Questa esposizione – ha aggiunto la co-curatrice nel testo in catalogo – nasce con l’intenzione di riproporre, anche nel percorso espositivo, l’intreccio indissolubile che lega i versi e i testi di Filippo de Pisis alla sua opera pittorica, in un continuo gioco di rimandi, tra la penna e il pennello, la parola e il colore, lo stesso gioco di rimandi che caratterizzò tutta la vita di questo straordinario personaggio, complesso e indefinibile nella personalità e nello stile, nelle lettere e nella pittura».
In via Italia 27, la mostra è aperta dal martedì alla domenica dalle 15 alle 19, la domenica anche 10-12.30 e giovedì 8 dicembre dalle 15 alle 19 (lunedì chiuso)