Il cubismo come ogni forma d’arte che ha scritto la storia è allo stesso tempo padre e figlio del suo tempo: ne individua il carattere, ne descrive il contesto. Lo hanno fatto anche i cubisti interpretando per primi un mondo che andava in pezzi e aveva bisogno di un nuovo modo per essere rappresentato.
Era finita – o stava finendo – la Belle époque, la demolizione di tutto quanto era stato conosciuto a causa della Grande guerra era alle porte, stava finendo un’era: e allora, come oggi, mancavano le parole per dirlo. I cubisti, per primi, facendo convergere in un solo tempo due, tre, quattro punti di via dicevano anche questo: che nulla era più come prima, che l’epoca tradiva il senso della confusione, che serviva una nuova prospettiva per leggere il reale. E senza cedere il passo all’astrazione: raccontando la realtà.
Quell’epoca ha tanto, forse troppo da dire all’oggi, quando tutto – la consuetudine, le abitudini, i tempi e i modi – in una manciata di mesi sembra avere perso di significato. E allora tanto più ha un senso (un significato) la proposta espositiva di Spazio heart di Vimercate, che nella nuova epoca della confusione racconta l’epoca dei confusi: i cubisti, che più di un secolo fa hanno riscritto la storia dell’arte in Europa. Lo fa con una mostra che non è un fragile esercizio di stile: si appoggia a una produzione poco indagata in Italia, il repertorio grafico del movimento cubista – uno dei pochi adespoti, senza testa, se si va oltre la facile assimilazione a Pablo Picasso.
La mostra a cura di Simona Bartolena è in programma fino al 20 giugno negli spazi di via Manin a Vimercate, su un progetto di Enrico Sesana, realizzata in collaborazione con Ponte43 (tutti i sabati e le domeniche dalle 15 alle 19 e tutti i venerdì dalle 18.30 alle 20, domenica 2 maggio alle 17 la presentazione ufficiale con ingresso contingentato secondo le norme vigenti).
In mostra ci sono più di 40 opere originali dei principali esponenti del movimento: Picasso e Braque, ovviamente, poi Gris a Léger, Gleizes e Marcoussis, Delaunay, Villon, Archipenko e Laurens oltre ai meno noti come Gallien e Csaky e ai “nipoti” Severini, Goncharova, Puni. “La grafica cubista: un mondo poco noto, un tema che il panorama delle mostre ha raramente raccontato. In Italia, questa mostra rappresenta la prima occasione per indagare questo aspetto poco consueto della produzione cubista”.
E ancora: “Gli esemplari noti di grafica cubista dimostrano che le tecniche calcografiche offrirono un ottimo strumento di indagine agli artisti del movimento. Inoltre la circolazione dei fogli, ovviamente più ampia di quella delle opere pittoriche, produsse una diffusione straordinaria del nuovo linguaggio, stimolando molti artisti. Gli incisori cubisti erano dei coraggiosi sperimentatori” e la tecnica, dicono i curatori, ha offerto la possibilità di ripensare la ricerca sul nuovo linguaggio. In un mondo che, allora come ora, cambiava profondamente. E attraverso “originali d’epoca, talvolta prove d’autore o pezzi unici, spesso molto rari”.