Esiste un solo luogo pubblico a Monza e Brianza capace (di nuovo) di raccontare non l’antiquariato della cultura e dell’arte (o una visione approssimativa dell’attualità), ma quello che bisogna capire per fare i conti con il presente e, tra poco, con il loro passato: perché quello che si è visto sarà l’abbecedario essenziale di un pezzo di storia. Quel posto si chiama Museo d’arte contemporanea di Lissone.
Il resto, con poche eccezioni, lo fanno i privati. E nella maggior parte dei casi senza occupare spazi pubblici. Basta pensare a un’esperienza straordinaria come la Fondazione Rossini di Briosco, o alle tante gallerie del territorio che si ostinano a offrire alla Brianza, e alla Brianza attorno a Monza in particolare, percorsi inconsueti eppure fondamentali della storia dell’arte in Brianza. Il Mac racconta il contrario: e cioè che uno spazio persino pubblico è ancora in grado di riscrivere la sua storia e riscrivere contemporaneamente quella dell’arte italiana.
Lo ha dimostrato ancora sabato scorso , inaugurando l’ultima edizione del Premio Lissone. In un’edizione sopra le righe: perché in grado di tracciare una linea rompendo i vincoli dello sguardo generazionale: il suo compito è tracciare ogni due anni uno spaccato della pittura in Italia e nel mondo, lo ha fatto.
Merito, prima di tutto, del direttore artistico Alberto Zanchetta, che ha riunito negli spazi di viale Elisa Ancona non solo uno spaccato della pittura internazionale oggi, ma un discorso sopra la pittura (avrebbero detto gli antichi) che permette di aprire porte su quanto sta accadendo nel mondo. Poi le scelte sono quelle della giuria, che ha deciso di assegnare per questa edizione il Gran premio della pittura a Gabriele Di Matteo per l’opera “China made in Italy”.
“Minando l’autorialità e l’autenticità dell’artista all’interno del sistema dell’arte – scrive la giuria – l’opera pone una riflessione sul potere e l’autonomia dell’immagine e della sua originalità. Tale coazione a ripetere genera un cortocircuito di persuasione che consegna agli annali dell’arte i falsi autentici di Gabriele Di Matteo, ricevendo l’ambito Gran premio della pittura”.
Il Premio Mac va invece ad Alexis Harding, perché “con essenziali ma efficaci scarti cromatici, l’artista ridefinisce l’epidermide della pittura, che pur perdendo aderenza con la tela acquista maggiore aderenza con la realtà”, mentre il Premio della critica va a Sali Muller le cui “pratiche – e quindi le problematiche – del ’pensare in termini di pittura’ finiscono per questionare sul purismo e sull’aspetto proteiforme dell’arte; intrattenendo un rapporto basato su forme, volumi e colori primari che si animano di tensioni e suggestioni interne, alla continua ricerca di una definizione spaziale” è stato scelto dai giurati dell’edizione 2018 del concorso.
“In considerazione delle opere prese in esame nell’ultima selezione, la giuria ha poi deciso di assegnare il Premio della critica a Sali Muller per l’opera ’The Moment in Time’, ritenendo inoltre di segnalare Regine Schumann per una menzione d’onore. Infine, i commissari della giuria si sono trovati d’accordo nell’assegnare due Premi alla carriera, rispettivamente a Lucio Pozzi e Stephen Rosenthal”, artisti nati nel 1935.
“Assecondando un processo di mitosi, l’artista ha realizzato un dittico di grande finezza e leggerezza – si legge nelle motivazioni nel primo caso – I volumi – minimi eppur evidenti – modulano il colore, che sembra “emanare” dalle stesse strutture anziché essere dipinto sulla loro superficie. Inclinando a un’esperienza che pretende d’essere sia piana che spaziale, la pratica pulsionale e desiderante è sempre stato il movente di tutta la ricerca di Pozzi”. Per Rosenthal, “visive come pure intensive, le opere rifiutano l’ornamento per sondare gli aspetti tecnico-analitici della pittura. Metodo e coerenza denotano gli aspetti salienti di un’estetica tesa a sfidare la grammatica di base della pittura che è anzitutto, e soprattutto, ispirazione, ma anche incanto”.
Premi Stima a Silvia Vendramel (’Bath’) perché “ettendosi alla prova con l’instabilità e l’aleatorietà dei materiali, alla ricerca di una quiescenza che trasuda una velata solennità, l’artista libera la scultura dalla propria dimensione fisica e gravitazionale. Inoltre, l’opera reca in sé una tensione psicologica che affonda le radici in una dimensione disequilibrante che è al contempo intima e domestica”; e poi a Francesca Ferreri, perché in ’Progressioni’ “fortemente elusiva e allusiva, l’opera denota collisioni e occultamenti che insistono su un sottile gioco di sintesi e di dilatazioni della materia: una materia che viene in-formata da sensibilità segniche e pittoricistiche”.
“Ringraziamo Alberto Zanchetta, direttore del Mac di Lissone, per averci dato la possibilità di essere parte dello storico Premio Lissone con un riconoscimento dato in rappresentanza dell’editoria d’arte, visto che in Italia, nonostante la presenza diffusissima e numerosissima di pubblicazioni di settore, i momenti in cui si sente la nostra effettiva presenza sono abbastanza rari” si legge nel verbale conclusivo delle premiazioni del Premio 2018.
Ai premi artistici si aggiunge quello per l’editoria d’arte. “All’unanimità Exibart – il partner scelto per la categoria – rappresentato da Matteo Bergamini e dalla corrispondente Silvia Conta, che negli ultimi anni ha seguito la rassegna lissonese, decide di assegnare il nostro premio all’artista Alek O., in mostra con l’opera ’Tangram’ realizzata attraverso una precisa rielaborazione del tessuto di un ombrellone”.
La motivazione: per l’utilizzo di un materiale comune che viene elevato a nuova identità attraverso una precisa rielaborazione estetica e formale. Per un curriculum vitae internazionale ma costruito anche in Italia, segno nonostante tutto che in questo paese si può progredire con il proprio lavoro. Alek O. prosegue nel solco della ricerca pittorica in via non tradizionale, quasi ripercorrendo una certa avanguardia italiana.
La giuria del premio Lissone, composta in questa edizione dal direttore del Mac Alberto Zanchetta con Marco Meneguzzo (storico dell’arte, curatore indipendente, docente a Brera) e Demetrio Paparoni (critico d’arte e curatore) ha deciso di istituire un ulteriore premio, che consiste in una mostra personale nell’anno 2020, “individuando nelle opere di Alexis Harding il candidato più meritevole”.