“Mamma sono io, tua figlia, papà ha avuto un incidente e gli servono subito dei soldi per pagare l’avvocato altrimenti finisce nei guai”: finta la figlia, altrettanto la vicenda. Veri, invece, i soldi, tanti, che si sarebbero intascati truffatori senza scrupoli.
Contanti e preziosi per circa 400mila euro razziati in almeno 27 episodi che la Polizia di stato di Vercelli ha ricostruito in oltre un anno di indagini, un’operazione denominata “Caronte”. Alcuni, dicono gli investigatori, sono accaduti anche in provincia di Monza e Brianza.
Truffa del finto incidente, 14 misure cautelari della Polizia di Stato di Vercelli
Si tratta senza dubbio di una delle truffe più odiose. Colpisce vittime particolarmente vulnerabili, gli anziani, e in maniera meschina. I poliziotti della Squadra Mobile piemontese coadiuvati dalle Squadre Mobili di Piemonte e Valle d’Aosta e coordinata dal Servizio Centrale Operativo, hanno eseguito 14 misure cautelari in carcere disposte dalla Procura della Repubblica.
Gli episodi ricostruiti sarebbero avvenuti anche nelle province di Vercelli, Novara, Biella, Lodi, Alessandria, Pavia, Varese, Como e Milano. I responsabili sarebbero per la maggior parte “nomadi di nazionalità polacca legati tra loro da vincoli di parentela” dicono gli investigatori piemontesi e dovranno rispondere di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe agli anziani, sostituzione di persona e ricettazione.
Truffa del finto incidente: il gruppo di muoveva usando 150 veicoli differenti
Le indagini sono partite dalle denunce delle vittime: hanno ricevuto una telefonata da persone che si sono presentate come appartenenti alle forze dell’ordine, avvocati o addirittura come un familiare, che hanno riferito di un incidente stradale, in realtà mai avvenuto, in cui era rimasto coinvolto un parente della vittima.
E partiva la richiesta immediata di soldi “per evitare conseguenze infauste, giudiziarie o di salute, per il parente coinvolto”. Soldi, e nel caso la vittima non ne avesse abbastanza a disposizione i truffatori la convincevano a consegnare tutti monili e gli ori di famiglia nella sua disponibilità per raggiungere la cifra “necessaria”.
Telefonisti, sedicenti incaricati al ritiro dei preziosi che si sono qualificati come appartenenti all’arma dei carabinieri, come addetti dell’ospedale, impiegati di uno studio legale o addirittura come parente stretto della vittima erano tra loro intercambiabili di volta in volta.
Il gruppo avrebbe potuto contare poi sulla affiliazione di alcuni italiani per la ricettazione dei preziosi in modo da fare sparire in breve tempo i monili sottratti alle vittime. Alcuni degli appartenenti alla presunta associazione criminale sono risultati intestatari di oltre 150 veicoli, usati di volta in volta dal gruppo per colpire “senza lasciare tracce del loro passaggio”.