Un azzeramento che investe anche la trattativa aperta con Regione Lombardia. Danilo Toninelli ha azzerato il consiglio di amministrazione di Ferrovie dello Stato. È stato lo stesso ministro delle Infrastrutture ad annunciarlo su Facebook: “Ho appena firmato la decadenza dell’intero cda di Fs per chiudere con il passato. Siamo il governo del cambiamento”, si legge nel post, “e pensiamo che non esista attività industriale, soprattutto se prodotta al servizio dei cittadini, che non abbia un risvolto etico. Ora la barra si sposta sui treni regionali e sui pendolari in termini di sicurezza e di qualità dei loro spostamenti. E in tutto questo la ’cura del ferro’ ha un ruolo fondamentale”. Stati rimossi dall’incarico quindi l’amministratore delegato Renato Mazzoncini, il presidente Gioia Ghezzi e i consiglieri Simonetta Giordani, Federico Lovadina, Giovanni Azzone, Francesca Moraci, Wanda Ternau. «Siamo il governo del cambiamento e pensiamo che non esista attività industriale, soprattutto se prodotta al servizio dei cittadini, che non abbia un risvolto etico. Ora la barra si sposta sui treni regionali e sui pendolari in termini di sicurezza e di qualità dei loro spostamenti. E in tutto questo la “cura del ferro” ha un ruolo fondamentale» ha scritto ancora il ministro Toninelli. Renato Mazzoncini è alla guida di FS Italiane dal 1° dicembre 2015, voluto dall’allora premier Matteo Renzi e confermato nel gennaio 2018 dal governo Gentiloni.
Repubblica parla di ’blitz’ e sottolinea che la prossima l’assemblea dei soci, convocata per il 26 luglio, andrà deserta e l’improvvisa accelerazione sul cambio del cda mette un punto anche alla vicenda della fusione con Anas che a questo punto potrebbe arrestarsi. Tra i punti di rottura tra il governo e l’attuale Cda c’era proprio la fusione Anas-Fs, sostenuta dal board e sancita ufficialmente all’inizio dell’anno, contro cui si è però schierato l’esecutivo, con il ministro Di Maio che nei giorni scorsi ha parlato di “operazione sbagliata”.
La defenestrazione di Mazzoncini peserà come un macigno anche nella trattativa con il governatore della Lombardia Attilio Fontana. I due, a inizio luglio, avevano trovato l’intesa per il superamento di Trenord, l’attuale gestore del trasporto ferroviario pendolare in Regione. E la strada da intraprendere sarebbe stata quella di gestire separatamente il servizio. Trenitalia aveva confermato di essere d’accordo nel ripartire in maniera differente le quote di Trenord, in modo che «a valle dell’operazione – per incentivare gli investimenti e creare una sana competizione – possano operare due diverse imprese ferroviarie»: una controllata da FnmNM e una da Trenitalia. A Fnm (la controllata da Regione Lombardia) il 40-45% del servizio, mentre a Fs il restante 55-60%. Per quanto riguarda le tratte, la Regione si sarebbe dovuta fare carico delle linee che sono sulla rete Fnm, quindi la Laveno-Varese-Saronno-Milano, la Como-Saronno-Milano, la Novara-Saronno-Milano, la Asso-Seveso-Milano e la Brescia-Iseo-Edolo che insieme coprono un bacino di 110mila passeggeri al giorno, alle quali dovrebbero aggiungersi una buona parte delle linee del passante ferroviario perché corrono su rete mista, cioè in parte delle Fs e in parte di Fnm.
Entro il 30 luglio si sarebbe dovuto sottoscrivere un accordo quadro per definire le fasi del percorso che dovrebbe attivare tre gruppi di lavoro: il primo avrebbe come scopo la definizione del perimetro delle sue società; il secondo, il percorso di natura giuridica; il terzo le condizioni dei futuri contratti di servizio. Mazzoncini è caduto e adesso Fontana dovrà attendere la nomina del suo successore. E i tempi previsti dall’accordo di inizio luglio, inevitabilmente, sono destinati a dilatarsi.