«Quando rientri da esperienze come queste, una delle esigenze maggiori è sempre quella di ringraziare. Il mio grazie va soprattutto ad Alessandra Trabattoni e Filippo Fumagalli del gruppo sportivo Avis, che mi hanno messo a disposizione coppe e medaglie, che abbiamo utilizzato per la premiazione dei bambini partecipanti ad un concorso di pittura». La volontaria seregnese Irene Tintori dipinge così le sue emozioni, all’indomani del suo terzo viaggio nell’anno solare in Etiopia, dove l’associazione Mam Beyond borders, con cui collabora, porta avanti progetti sociali in villaggi in cui le condizioni di vita sono problematiche.
Etiopia: l’assenza di acqua ha rischiato di bloccare i lavori in una scuola
«I tre viaggi -racconta- sono scaturiti dalla decisione del governo locale di rendere obbligatoria la sesta classe della primaria. A Getche, una delle realtà che seguiamo, è stato così necessario riorganizzare gli spazi esistenti e prevedere la costruzione di una nuova aula. In maggio, però, l’assenza di acqua ha rischiato di bloccare i lavori, mettendo a rischio la ripresa dell’attività didattica in settembre. Sono quindi ritornata una prima volta, dopo l’esperienza in febbraio, e la mia presenza ha garantito i risultati sperati: abbiamo superato la ritrosia degli operai ad accettare indicazioni da una donna, per giunta straniera, proponendo loro un pagamento ed un pasto giornaliero». L’esigenza dell’acqua è però rimasta: «Da lì è partito il progetto per la costruzione di un pozzo. Le maestranze hanno scavato a mano per venti metri,senza trovare l’acqua.Poi è cominciata la stagione delle piogge, che si è protratta più a lungo del solito ed ha provocato il crollo parziale del pozzo, che oggi ha una profondità di quindici metri. Il cantiere è fermo, in attesa di riprendere il più presto possibile. Lo auspichiamo, anche perché, senza acqua, tifo e malaria sono aumentati in maniera esponenziale».
Etiopia: superato il timore di un intero anno di carestia
Altra tappa di Tintori è stata la zona di Goro: «A Thapo, villaggio abitato dall’etnia Gumus, è in corso l’edificazione di un’aula, che servirà per accogliere il ciclo dell’alfabetizzazione di bambini tra i due e gli otto anni, che ora ha la sua sede sotto un albero. Qui abbiamo portato anche coperte, patate e cipolle alle quarantuno famiglie presenti. Un’incombenza non semplice. La pioggia ha fatto esondare un fiume ed interrotto la strada: per ovviare, i residenti sono venuti a prenderci con gli asini, che si sono sobbarcati tutto il carico, loro malgrado…». Anche da casa, la volontaria continua a seguire passo dopo passo la situazione in Etiopia: «Sembra che siano stati superati i problemi derivanti dalle piogge, che flagellando le piantagioni di teff, il cereale che viene utilizzato per la panificazione, avevano fatto temere un anno di carestia. In questi giorni, mi hanno invece informata che è partito il raccolto. Il peggio insomma pare alle spalle. Adesso tornerò in febbraio, credo, per verificare principalmente i progetti del pozzo d’acqua e della scuola di alfabetizzazione».