Ricordo dello scout Mario Isella L’ultima delle Aquile Randagie

Mario Isella aveva 90 anni ed era l’ultima Aquila randagia, il movimento scout clandestino di Monza e Milano che si ribellò a Benito Mussolini. È morto con l’inizio del 2014. Il Cittadino lo ha ricordato grazie al contributo della lettrice Maria Cristina Rossi. Un contributo ora disponibile anche sul giornale online.
Addio allo scout Mario Isella (Bufalo)
Addio allo scout Mario Isella (Bufalo) archivio

Mario Isella aveva 90 anni ed era l’ultima Aquila randagia, il movimento scout clandestino di Monza e Milano che si ribellò a Benito Mussolini. È morto con l’inizio del 2014. Il Cittadino lo ha ricordato grazie al contributo della lettrice Maria Cristina Rossi. Un contributo ora disponibile anche sul giornale online.

“Pochi monzesi avranno alzato gli occhi al cielo in questi giorni che ci congedano dal Natale 2013, ma chi l’ha fatto avrà notato un’aquila che compiva ampie volute scomparendo a tratti sopra le nuvole e ricomparendo più in là, verso l’orizzonte di nebbia e smog che fa da schermo al nostro sguardo. Forse non tutta la città sa ancora che l’ultima Aquila Randagia monzese se n’è andata – o come amano dire gli Scout per salutare i propri compagni d’avventura in occasione dell’ultimo viaggio – è tornata al Padre.

Mario Isella, totem Bufalo nella clandestinità cui il fascismo aveva costretto un gruppo di coraggiosi ragazzi e giovani Scout italiani, è nato a Monza nel ’23. Il suo cuore generoso ha smesso si battere all’ospedale di Merate lo scorso 1 gennaio. «Sono un ragazzo monzese di 89 anni, Scout da 74 …», scriveva lo scorso anno nel bellissimo libro Cantando nella notte. Memorie di un’Aquila Randagia, edito da Pattuglia Kraal, e curato dal bravo Scout Emanuele Locatelli della Fondazione Mons. Andrea Ghetti – Baden di Milano.

Chi erano – Ci sono tante buone ragioni per le quali tutta Monza dovrebbe ricordare con orgoglio e gratitudine questo suo cittadino. La prima è che Bufalo, negli ultimi dieci anni della sua vita, era diventato un testimone e, fedele alla Promessa di “lasciare il mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato”, aveva dedicato le sue energie a raccontare a chi non ha vissuto gli anni bui del fascismo, com’è stato possibile tener viva l’esperienza di resistenza, libertà e passione Scout nonostante il divieto derivante dall’ordine di scioglimento decretato dal governo Mussolini nel ’28.

La seconda ragione per ricordare con riconoscenza Mario Isella Bufalo, è che l’opposizione al fascismo praticata dalle Aquile Randagie di cui era partecipe, fu un’intuizione civile e pedagogica meravigliosa che tenne in vita con estrema cura, inventiva e lungimiranza, un segmento importante dell’associazionismo giovanile del nostro paese restituendo alla società civile italiana, stremata dal regime totalitario fascista, una delle sue cellule più vitali. Nel periodo della “Giungla Silente, per 16 anni, 11 mesi e 5 giorni … Un giorno in più dell’uomo con la camicia nera!” come raccontano le testimonianze, le AR proseguirono clandestinamente le loro attività educative e aggregative con l’obiettivo di conservare ed innovare il metodo Scout, e di far crescere nuove leve pronte ad assumere ruoli di responsabilità nell’organizzazione che sarebbe tornata legale solo in seguito alla caduta del regime.

Il grande valore pedagogico dell’esperienza delle AR può essere compreso soprattutto nella sua dimensione di forte opposizione al progetto “educativo” che l’Opera Nazionale Balilla (ONB) aveva in serbo per la gioventù italiana. Come descritto da Carlo Verga e Vittorio Cagnoni in Le Aquile Randagie. Scoutismo clandestino lombardo nel periodo della Giungla Silente 1928 – 1945, “il sorgere delle AR fu il rifiuto razionale di obbedire ad un ordine ingiusto. …Il coraggio di questi ragazzi e la loro resistenza furono ripugno contro il fascismo per lo spirito di violenza, di aggressività, per la negazione di una comunione umana di tipo internazionale, e per la grossolanità e la volgarità degli educatori dell’ONB che avevano metodi e principi inaccettabili prima di tutto sul piano cristiano e quindi sul piano Scout”.

Il progetto dell’ONB per modellare le menti e i corpi dei giovani italiani in modo che fossero pronti e disponibili a combattere per il regime fascista, si sarebbe attuato in regime di monopolio assoluto e, fin dalla sua fondazione, attraverso atti di aggressione violenta nei confronti di chi non aderiva alla “proposta” di arruolamento. Così come accadde a Don Minzoni, primo martire Scout del fascismo, ucciso in un agguato squadrista nel 1923 per essersi rifiutato di sciogliere il neo-costituito riparto Scout di Argenta (Fe) che era riuscito a raccogliere l’iscrizione di ben settanta giovani – contro un solo iscritto dell’ONB locale – nonostante le minacce pubbliche del segretario del fascio.

I giovani Scout delle AR non presero la tessera dell’ONB e furono spesso oggetto di atti di intimidazione e violenza, ma portarono avanti con determinazione i valori positivi e costruttivi in cui credevano e nel tentativo di dare continuità e di sviluppare il metodo e l’organizzazione scoutistica, riuscirono persino a svolgere un’attività di collegamento internazionale con le associazioni Scout attive nel resto d’Europa, ricevendo un riconoscimento dalla stesso fondatore dello scoutismo mondiale, Sir Robert Baden-Powell.

A Monza e in Brianza – Per chi è credente e per la Chiesa locale, ricordare Mario Isella e gli Scout monzesi delle Aquile Randagie -cresciuti nella fede in alcuni Oratori della città e, in particolare, all’Oratorio SS. Redentore del Duomo di Monza – significherà rinnovare il ricordo e l’impegno di una passione civile fondata su un forte credo religioso e una spiritualità profonda maturata attraverso la guida degli Assistenti Ecclesiastici Scout: Don Antonio Andrea Ghetti–Baden, fondatore delle AR a Milano, e punto di riferimento per tutte le AR del milanese, e in particolare per il gruppo monzese; Don Aldo Mauri, cofondatore delle AR monzesi con Beniamino Casati e, dopo l’8 settembre del ’43, ricercato dalle autorità naziste poiché, da Cappellano del Villaggio SNIA di Cesano Maderno, era riuscito ad organizzare la fuga in Svizzera dei prigionieri africani che vi lavoravano; Don Raimondo Avonio Bertoletti-Castoro, Tulin de l’oli, per via delle macchie d’olio presenti sulla sua tuta da meccanico, fu poi prete operaio nel porto di Marsiglia; e infine, Don Giovanni Barbareschi, medaglia d’Argento della Resistenza, nominato Giusto tra le Nazioni per aver salvato oltre 2000 ebrei e ricercati (fra cui il giornalista Indro Montanelli), organizzandone l’espatrio clandestino in Svizzera

Conoscere la storia di Mario Isella e delle AR lombarde significa anche trovare un vero tesoro nella testimonianza gioiosa e spesso ironica di questa forma di randagismo Scout che non aveva sede fissa, allo scopo di sfuggire alla persecuzione fascista, ma che esprimeva al meglio il metodo educativo della tradizione scoutistica non disdegnando – accanto allo sviluppo di tecniche Scout, fondate sul gioco come strumento di apprendimento e sulla formazione del carattere attraverso il sacrificio che prepara alla strada della vita – la tradizionale goliardia, le gag teatrali, i canti e i colpi di scena. Come quella volta che a Milano le AR, guidate da Giulio Cesare Uccellini Kelly-Tigre – capo indiscusso del randagismo Scout – seguito da don Violi e dal commissario internazionale degli Scout ungheresi, salirono in perfetta divisa Scout sul palco d’onore per le più alte autorità preposte all’educazione giovanile allestito in piazza Cordusio in occasione della manifestazione della Hitlerjugend a cui partecipavano in corteo tutte le organizzazioni giovanili fasciste e naziste, riuscendo a posizionarsi a fianco dell’ammiraglio Miklòs von Horthy e agli altri grandi gerarchi, e a dileguarsi poco prima della fine della parata, prima che qualcuno si rendesse conto dell’accaduto.

A cosa è servito – Con un doppio strato di vestiti per nascondere la divisa Scout, Mario Isella Bufalo e i suoi compagni delle Aquile Randagie inforcavano la bicicletta e, seguendo istruzioni misteriose come quelle dei giovani ravers di oggi, ma veicolate in alfabeto Morse o col linguaggio del bosco e lasciate in luoghi nascosti e noti solo ai membri del gruppo, partivano per esplorare la Giungla Silente lombarda il cui pericolo principale era di vedersi intercettati dai militi fascisti prima di raggiungere i boschi delle Groane per ritrovarsi alla “casa del re” o al “ferro di cavallo”, o la valletta di Canonica Lambro, o “la montagnetta di Vedano” o la “valle dei sospiri” nel Parco di Monza, o nella meravigliosa Val Codera dove – finalmente al sicuro – potevano rivelare la divisa e le insegne Scout e svolgere le proprie attività. Perché tanta fatica in lunghe corse in bicicletta e scarpinate sui sentieri di montagna? Oltre che per opporsi al fascismo, tanta fatica serviva a mantenere viva l’esperienza Scout. Perché quest’esperienza occorreva viverla, e ciò costava un sacrificio necessario, considerato ancora oggi dagli Scout parte della propria pedagogia, secondo cui “l’educazione entra dai piedi”, oltre che dalla testa e dal cuore.

Allora, grazie Bufalo! I tuoi Scout ti lasciano mentre corri libero sulle praterie del cielo. Buona caccia e buona strada a te e a tutti noi, Scout e non, credenti e non, persone per bene che sperano con te di lasciare il mondo un po’ migliore di come lo abbiamo trovato!”