Renate, la predica di Francesco Ma non è quella di papa Bergoglio

È salito sul pulpito per parlare ai fedeli, in chiesa a Renate, poco prima che si concludesse la messa. Francesco Della Valle ha preso il microfono e ha iniziato a parlare «per spronare tutti a fare qualcosa per migliorare questo mondo».
Francesco Della Valle
Francesco Della Valle

E’ salito sul pulpito, tra il canto della comunione e la benedizione finale, si è presentato con nome e cognome, e ha detto la sua. Siamo a Renate e la scena è di quelle più uniche che rare. La platea è in silenzio, don Ezio Castoldi lascia parlare la persona che ha deciso di mettersi al microfono: «Buongiorno, mi chiamo Francesco Della Valle». Questo l’esordio di un uomo, classe 1966 con casa in via Gramsci, sposato, con tre figli, di professione camionista.

Il discorso portato avanti da Francesco è di quelli che toccano tanti argomenti, forse non del tutto ordinato, ma non violento né sconclusionato: «Molto semplicemente – spiega Francesco Della Valle contattato in settimana dopo il fatto – ho voluto parlare alle persone che c’erano a messa quella mattina. E sono tuttora convinto di non aver fatto niente di male. Non ho alcun precedente penale, sono un lavoratore che si arrangia a fare qualsiasi lavoretto e amo la mia famiglia. Di recente sono stato sconvolto dalla morte di un amico e negli ultimi giorni ho sentito una spinta che mi ha portato sul pulpito domenica.

Quello che volevo dire, e che poi ho detto, è che probabilmente il mondo sta andando a distruggersi, alla deriva: ormai il lavoro si trova con difficoltà, e io lo so bene perché fino a qualche anno fa ero disoccupato nonostante io mi attivi come “tuttofare”. Tre anni fa ho avuto il mio terzo figlio e in famiglia mia moglie era un po’ indecisa se tenerlo o no. Ma fortunatamente ora siamo in cinque in famiglia. Siamo tutti in difficoltà. La politica non dà risposte, i giovani sono in crisi, tante sono le persone che decidono di farla finita. Molti pensano solo alla carriera e pensano che i soldi diano serenità e felicità. Non è così. Dobbiamo fare qualcosa per migliorare questo mondo».

In una delle pause di Francesco, don Ezio Castoldi ha preso parola e ha detto: «Dai Francesco, ne parliamo dopo». Un gesto, quello di Francesco, che oggigiorno non si vede mai. Un gesto pacifico, anzitutto. Che qualcuno ha apprezzato per l’evidente sincerità. Che qualcuno ha stigmatizzato inevitabilmente come un po’ folle. D’altronde, quando si decide di compiere qualcosa di tanto eclatante, la prima consapevolezza è quella di essere giudicati: «A me non interessa quel che ha pensato la gente. Quando fai queste cose, c’è chi ti viene vicino e ti dice che hai avuto coraggio. E c’è chi ride di te. La gente parla sempre. Anche se non sali sul pulpito a dire la tua opinione». Per salire sul pulpito davanti a cinquecento persone un po’ di coraggio ci vuole , forse tanto. Ognuno può trarre spunti e opinioni. In fondo non capita tutti i giorni.