I comuni brianzoli sono, almeno in apparenza, più solidali nei confronti dei richiedenti asilo rispetto a quelli di altre zone d’Italia: basta scorrere i numeri per rendersene conto. Secondo una ricerca pubblicata nei giorni scorsi, a livello nazionale 3 centri su 4 non ospitano nessun profugo ma il rapporto si ribalta in Provincia di Monza dove 42 città su 55 hanno aperto le porte a chi ha rischiato la vita in mare per scappare dalla miseria e dalla guerra.
Attualmente i richiedenti protezione sono 1.550 e l’estate, dal punto di vista di chi gestisce la loro presenza, è stata tutt’altro che calda. Non si sono verificati picchi negli arrivi e i migranti che sperano di raggiungere la Svizzera o la Germania non si sono accalcati nei pressi delle stazioni o di altri luoghi di transito, come accade a Milano e a Como.
Gli stranieri, in gran parte uomini giovani, continuano a giungere sul nostro territorio a piccoli gruppi ma nelle ultime settimane è cresciuto l’approdo di donne e di famiglie fino a un paio di mesi fa pressoché inesistente. In Brianza continuano ad arrivare soprattutto migranti africani e asiatici: i gruppi più numerosi provengono dalla Nigeria, dal Mali, dal Gambia e dal Bangladesh. Nessuno parla di emergenza ma la Prefettura prosegue la ricerca, a questo punto quasi disperata, di un terzo hub da affiancare allo Spallanzani di Monza e al centro di Agrate gestito dalla Croce Rossa. Proprio quello di Agrate, con 130 giovani profughi, resta il punto di prima accoglienza più affollato.
La Provincia, intanto, ha concesso al Consorzio comunità Brianza l’utilizzo di altri tre ambienti nella palazzina di Mombello che fino a un paio di anni fa era adibita a uffici: «Questo – rassicura il vicepresidente di via Grigna Roberto Invernizzi – non significa che aumenterà il numero degli stranieri alloggiati». I locali, chiarisce, consentiranno di osservare tutte le prescrizioni imposte dai tecnici dell’Asl lo scorso anno in seguito alle ispezioni sollecitate dai consiglieri regionali della Lega Nord nei centri di Agrate, Monza, Carate e Limbiate.
Durante l’estate le associazioni che aderiscono alla rete Bonvena, che cura l’accoglienza di 950 dei 1.550 profughi presenti, non hanno allentato il loro impegno: «Abbiamo organizzato – spiega il presidente del Consorzio Comunità Brianza Roberto D’Alessio – una quarantina di corsi di italiano di vario livello tenuti nelle scuole, negli oratori e nei nostri centri da dodici docenti retribuiti e da due volontari. Abbiamo stanziato, da giugno a settembre, 60.000 euro per fare in modo che anche i nuovi arrivati possano imparare la nostra lingua. Un’ottantina di giovani, oltretutto, si sta preparando per sostenere gli esami di licenza media».
Gli operatori, come chiesto dalla Prefettura, hanno predisposto anche progetti specifici rivolti alle famiglie e alle donne: le giovani che scappano sole dai loro paesi, infatti, il più delle volte hanno subito abusi e violenze terribili.n