Pedemontana, a Desio lo svincolo da 18 miliardi di lire usato come discarica e il mistero delle terre rosse al Quadrifoglio

Diciotto miliardi di lire spesi per realizzare lo svincolo Desio Nord che lascerà il posto a quello nuovo previsto dal progetto definitivo di Autostrada Pedemontana Lombarda. Con tutti i dubbi dei residenti di San Giorgio. Intanto al Quadrifoglio torna il mistero delle terre rosse.
accanto alle rampe di salita del tratto di strada mai aperto
accanto alle rampe di salita del tratto di strada mai aperto Paola Farina

Furono spesi diciotto miliardi delle vecchie lire per realizzare lo svincolo Desio Nord, ora destinato ad essere ridotto in polvere per far posto al nuovo, quello previsto dal progetto definitivo di Autostrada Pedemontana Lombarda. Manufatti da trasformare in macerie da portare via con una fila interminabile di camion. Una fila ancora più numerosa di quella che, durante la realizzazione dell’attuale quadrifoglio, ha portato a Desio terra sulla cui provenienza ancora non si è fatta luce.

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Nel mezzo del quadrifoglio c’è il tratto di strada che doveva essere parte della ’Gronda intermedia’, progetto precedente a quello di Pedemontana. Avrebbe dovuto congiungersi a via Santa Margherita, a Lissone, ed evitare il carico di traffico sulle strette vie del rione San Giorgio. I lavori furono fermati 200 metri prima. Tutto è rimasto come allora: barriere ad inizio tratto, subito dopo l’imbocco per la Statale 36 in direzione Milano per chi arriva da ovest, da via San Giuseppe; barriere a fine tratto, appena passati sopra il ponticello di via per Seregno, a un tiro di schioppo da via Santa Margherita.

Meno di un chilometro di lunghezza, 23 metri di larghezza con doppio senso di marcia, 4 corsie da 3,75 metri ciascuna, 2 banchine da 3 metri, uno spartitraffico centrale largo 2 metri. Una realizzazione che Anas, allora, definiva ’opera d’arte’. Oggi la larghezza della sede stradale risulta occupata per buona parte dalle erbacce, le banchine e lo spartitraffico sono coperte di immondizie, soprattutto cocci di bottiglie e plastica di ogni genere. La gente del luogo segnala la presenza serale di gruppi numerosi di ragazzi che, tra l’altro, accendono fuochi (i segni ci sono).

Nello studio dell’Anas del 1989 per la riqualificazione, l’ampliamento e l’eliminazione degli incroci semaforici a raso della Statale 36 Monza Lecco, lo svincolo per Desio era previsto più a sud del sovrappasso di via Tagliabue, verso il ponte della ferrovia, per un costo previsto di 4,5 miliardi di lire. Fu il Comune di Desio ad insistere per realizzare svincolo e gronda più a nord,. Pur in considerazione di una enorme lievitazione di spesa, desunta in 18 miliardi di lire, si concordò di realizzare lo svincolo dove sarebbe dovuta passare la gronda, cioè dove si trovano ora, per evitare ulteriori manomissioni e rifacimenti delle opere già realizzate. Ma il progetto di Pedemontana non è di questa idea. Lo svincolo che oggi occupa una superficie di 130mila metri quadrati è destinato a lasciare il posto al nuovo, che di metri quadrati di superficie ne occuperà almeno 500mila.

Pedemontana, a Desio lo svincolo da 18 miliardi di lire usato come discarica e il mistero delle terre rosse al Quadrifoglio
Un tratto della strada

Ma – si chiedono gli abitanti di San Giorgio – se lo scopo è sempre e solo quello di incrociare due strade, la Statale 36 e la Gronda intermedia (prima) o Pedemontana (in futuro), perchè è necessario abbattere ciò che già c’è e consumare una così elevata quantità di territorio?

E poi c’è il caso sollevato sulle pagine de La Provincia di Como che riporta alla mente quanto i residenti denunciano da anni: la presenza, secondo loro, di terra di dubbia provenienza dentro il quadrifoglio disegnato dallo svincolo Desio Nord della Statale 36.
Il caso di Como è di tutt’altra natura. Là si parla di rifiuti illeciti nascosti dalla ’ndrangheta sotto la tangenziale di Como e sotto Pedemontana, “vicino ai tre pali centrali del ponte”, secondo le confessioni registrate in Tribunale durante il processo in corso. Qui invece, a proposito della terra rimasta rossa e senza vegetazione per due anni dentro i quattro settori del quadrifoglio, non ci sono certezze, né belle né brutte.

Gli unici convincimenti sono le perplessità di chi ha visto centinaia di camion scaricare terra lì dentro. Di sera – sostengono -,di notte, nei fine settimana. Nessuno ha mai sciolto i dubbi, analisi approfondite non ne sono state mai fatte. La storia va avanti, anche in questo caso, da oltre un decennio.

Nel 2009 furono eseguiti dei prelievi di terreno in due punti lungo il previsto percorso di Pedemontana in Desio. Fu Pedemontana stessa a commissionarli per adempiere alle prescrizioni del Cipe. Ci fu un controllo in via San Giovanni Bosco, zona ospedale, e nei pressi del quadrifoglio. Non dentro i quattro settori. Fuori, in un campo lungo l’uscita di via San Giuseppe, alle spalle del deposito della Sacchi.

In quel terreno Pedemontana prevedeva di mettere i cantieri di lavoro durante l’esecuzione della tratta C, quella che interessa Desio. I risultati furono pubblicati nel 2010. Non venne registrato nessun superamento dei limiti di concentramento di elementi chimici, leghe tossiche ed inquinanti, idrocarburi pesanti ammessi dalle normative vigenti.

Nel 2011, in occasione del passaggio a Desio di rappresentanti della commissione parlamentare sulle attività illecite nel ciclo dei rifiuti, Legambiente preparò un dossier. Scrivevano: “C’è il sospetto che quadrifoglio e rampe possano essere state inquinate. Sono stati visti camion che versavano terra rossa di ignota provenienza all’interno dei quattro quadranti e caricavano le rampe, aumentate a dismisura in altezza. A tre anni dall’inchiesta Star Wars, in alcune parti dei quadranti non cresce neanche un filo d’erba. Nessuno ha fatto indagini, prelevamenti, rilievi, analisi. Nessuna bonifica è stata fatta”.

Nel 2015 fu la volta del consigliere della Lega Nord Luca Viviani intervenire in consiglio regionale. L’Anas, sollecitata dal Comune nel 2018, rispose che, dopo un sopralluogo, non è stata riscontrata alcuna anomalia. Un esperto agronomo, incaricato dal comune di verificare le condizioni della vegetazione, relazionava che visivamente non si osservavano parti non ricoperte da vegetazione e che il terreno rosso potrebbe derivare dal ferretto proveniente da scavi di argille acide presenti in alcune vicine zone collinari.