Ospedale di Monza: il professor Grassi presidente della società europea dell’Ipertensione

È il professor Guido Grassi il nuovo presidente della European Society of Hypertension. Già a capo della società italiana, è stato eletto ad Atene.
MONZA ospedale
L’ospedale San Gerardo di Monza Fabrizio Radaelli

È il professor Guido Grassi il nuovo presidente della European Society of Hypertension. Grassi, professore ordinario di Medicina Interna dell’Università Milano-Bicocca e coordinatore del Dottorato di Ricerca in Sanità Pubblica del medesimo ateneo, è anche direttore della Divisione di Clinica Medica dell’Ospedale San Gerardo di Monza e della Scuola di Specialità di Medicina Interna.

Ospedale di Monza, società europea dell’Ipertensione: «Congresso con 3.500 ricercatori e clinici»

Il nuovo incarico, che si affianca a quello di presidente della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa, gli è stato conferito nel corso del 31esimo congresso della ESH, che si è svolto ad Atene nei giorni scorsi. Fondata nel 1982, la ESH riunisce le società europee e dei paesi dell’Est Europa allo scopo di divulgare le conoscenze scientifiche sull’ipertensione.

«Dal congresso di Atene, a cui hanno preso parte 3.500 ricercatori e clinici, è emerso che in tanti paesi non si riesce ancora a tenere sotto controllo la pressione arteriosa, con tutte le gravi conseguenze cerebrali, coronariche e renali che questo comporta» spiega il professor Grassi, autore di oltre 700 lavori pubblicati sulle maggiori riviste scientifiche internazionali, premiato con numerosi riconoscimenti a livello mondiale.

Ospedale di Monza, società europea dell’Ipertensione: le parole del professor Grassi

«In molti casi – osserva – è necessario assumere più di un farmaco per riportare i valori a livelli accettabili e questo fa aumentare i rischi di effetti collaterali. Sia da parte dei pazienti che degli stessi medici c’è, quindi, una tendenza a contenere l’impiego dei farmaci, cosa che rende più difficile raggiungere l’obiettivo. È uno degli aspetti su cui dobbiamo lavorare».

L’emergenza pandemica ha avuto i suoi effetti negativi anche in questo ambito. «Ora dobbiamo adoperarci per intensificare gli scambi scientifici che c’erano prima e per coinvolgere sempre più ricercatori nello studio dell’ipertensione arteriosa e della relazione con le patologie a cui spesso è associata» conclude il professor Grassi.