La procura generale ricorre in Cassazione contro la sentenza della Corte di Appello che ha assolto Mattia Del Zotto, il ventinovenne di Nova Milanese che, in preda a un “delirio mistico-religioso”, ha ucciso i familiari col tallio, per incapacità di intendere. Il giovane si trova attualmente in una struttura protetta, dove deve restare comunque per almeno 10 anni, in virtù della pronuncia della magistratura che, nei due gradi di giudizio, lo ha comunque assolto sotto il profilo penalistico.
Ora la procura generale si rivolge alla Suprema Corte per riaprire la vicenda processuale, che si è giocata sulla contrapposizione delle perizie eseguite dai medici incaricati dalla pubblica accusa, e quella super partes disposta dal gup brianzolo nel processo di primo grado. Secondo i consulenti nominati dalla procura di Monza, il ventinovenne di Nova (che dice di aver agito “per colpa delle voci”) era incapace di intendere al momento dell’ideazione del folle piano criminale, ma lucido al momento della messa in pratica dello stesso (ebbe persino a contestare l’errato conteggio dell’Iva al momento del pagamento della sostanza).
Ma per la Corte d’Appello, come si legge nella sentenza di secondo grado, gli stessi specialisti non spiegano se “in una prospettiva psichiatrica, tale razionale pianificazione non sia proprio manifestazione e sintomo della malattia”. I delitti di Mattia Del Zotto sono stati definiti come frutto di “farneticazioni” e di “patologico misticismo”. Mattia ha ucciso i nonni e una zia paterni, e ha avvelenato altri tre familiari e una badante.