Il primato è tutto monzese. È stata Monza la prima città italiana a pensare di installare defibrillatori non solo nelle scuole, negli impianti sportivi, per strada, ma anche nei condomini.
Il merito va all’associazione Brianza per il cuore che da anni lavora per fare di Monza una città cardioprotetta, formare i cittadini alle manovre salvavita e portare così la percentuale di sopravvivenza a un arresto cardiaco dal 10% della media italiana al 30% che si registra in molti Paesi d’Europa.
Il progetto “Condominio cardio protetto”, partito da Monza nel 2014, ha fatto scuola in Italia e ora un progetto di legge, presentato nelle scorse settimane alla Camera da Filippo Gallinella del Movimento 5 Stelle, prevede contributi statali per agevolare l’acquisto dei defibrillatori semiautomatici esterni (DAE) e una riduzione dell’Iva dal 22% al 4% in condomini con più di dieci unità abitative.
«Non siamo stati interpellati sul progetto di legge – spiega la presidente di Brianza per il Cuore Laura Colombo – ma so che altre città come Piacenza e Roma stanno seguendo la nostra strada. Noi l’abbiamo intrapresa nel 2014 in accordo con l’associazione italiana amministratori di condominio perché il 78% degli arresti cardiaci avviene nella propria abitazione».
I numeri parlano chiaro: ci sono 700mila arresti cardiaci in un anno in Italia, a Monza 850 lo scorso anno, da gennaio ad agosto due arresti a settimana in abitazione.
«Fino ad oggi abbiamo 18 condomini che hanno deciso di dotarsi di un defibrillatore che costa come un iPad ed è dunque una spesa che, divisa tra i condomini, non è gravosa – prosegue Colombo – però ritengo che più che rendere obbligatorio l’acquisto di un Dae condominiale o agevolarne l’acquisto si debba rendere obbligatoria la formazione dei cittadini alle manovre salvavita».
È quello che fa da anni Brianza per il cuore che tra i 18 condomini cardio protetti sparsi per la città, da via Biancamano a Montecervino, da via Grigna a Villa Keller in via Volta, ha già formato 150 cittadini, soprattutto tra i custodi e coloro che sono più presenti in casa.
«L’ideale sarebbe formare davvero tutti perché nel 70% dei casi di arresto – prosegue Colombo – la vittima non è sola. Se i suoi cari le persone che prestano soccorso sanno cosa fare in attesa dell’arrivo dei soccorsi la percentuale di sopravvivenza è molto più alta. Bisogna essere formati per non andare nel panico». E ancora: «Sul mio cellulare ricevo un messaggio ogni volta che un defibrillatore viene spostato dalla sua teca- conclude Colombo- il più delle volte sono falsi allarmi per fortuna, ma è successo di recente che il defibrillatore posizionato davanti al comune sia stato usato dagli impiegati di un ufficio in via Carlo Alberto e un intervento tempestivo salva una vita».