Monza: all’ospedale San Gerardo il giubbetto defibrillatore salvavita per una giovane mamma

Un defibrillatore indossabile, un giubbetto salvavita: all’ospedale San Gerardo di Monza è stato utilizzato per curare una giovane mamma, 20 anni, per proteggerla dal rischio di Morte cardiaca improvvisa.
Asst Monza ospedale San Gerardo giubbino salvavita
Asst Monza ospedale San Gerardo giubbino salvavita

Basta un giubbetto per salvare una vita. Si tratta di un innovativo dispositivo che nasce dal connubio tra tecnologia e medicina. Ad utilizzarlo è stata la Cardiologia Clinica dell’Ospedale San Gerardo di Monza, guidata dalla dottoressa Maddalena Lettino, e il gruppo dell’Elettrofisiologia Interventistica, con il responsabile dottor Giovanni Rovaris, che si sono presi cura di una giovane puerpera di 20 anni, affetta da una grave forma di Cardiomiopatia Peripartum, ma con possibilità di recupero della funzione del cuore nel tempo.

Il nome tecnico del “giubbetto” è Wearable Cardioverter-Defibrillator. Si tratta, in pratica, di un sistema di defibrillazione indossabile che proteggerà la paziente dal rischio di Morte cardiaca improvvisa, accompagnandola con sicurezza verso una auspicabile guarigione, in attesa di una successiva rivalutazione del rischio di arresto cardiaco.

Monza: all’ospedale San Gerardo il giubbetto defibrillatore salvavita per una giovane mamma
Asst Monza ospedale San Gerardo giubbino salvavita

Grazie a questo “giubbetto” sarà soprattutto possibile evitare l’impianto di un defibrillatore cardiaco quando non strettamente indicato (Implantable Cardioverter-Defibrillator), un dispositivo che viene posizionato all’interno del cuore e che è in grado di ripristinare il ritmo attraverso l’erogazione di una scossa elettrica efficace, ancorché di intensità molto più bassa di quella di un defibrillatore esterno.

“Ancora una volta – sottolinea il dottor Rovaris – la sinergia tra tecnologia e medicina risulta essere l’arma più efficace che abbiamo per cercare di migliorare la prognosi dei pazienti e nello stesso tempo preservarne la qualità di vita, in attesa di scoprire trattamenti sempre più innovativi ed efficaci, capaci come in questo caso di ridurre l’incidenza di una condizione così temibile per una giovane madre come quella della Morte cardiaca improvvisa”.

La Morte cardiaca improvvisa (MCI) è definita come il decesso che avviene per cause cardiache, un’ora dall’insorgenza di sintomi che fanno sospettare la presenza di una grave patologia. Il numero di casi di Mci è tutt’altro che irrilevante: si arrivano a fino a 50.000 decessi in un anno in Italia e fino a 350.000 nello stesso intervallo temporale negli Stati Uniti, con una media generale di 1 caso per 1000 abitanti.

L’aritmia che più spesso causa la Mci è senza dubbio la fibrillazione ventricolare (FV), un’aritmia che di fatto interrompe la funzione di pompa del cuore e la sua capacità di sostenere la circolazione e che si ritiene oggi responsabile di circa l’85% dei casi. La Mci rappresenta, peraltro, il 10% delle morti complessive per ogni causa. Nell’80% dei casi la causa è la patologia cardiaca sottostante e una malattia delle coronarie (cardiopatia ischemica), già nota o totalmente misconosciuta, mentre nel restante 20% concorrono cause più spiccatamente aritmiche.

I pazienti affetti da patologie cardiache con grave compromissione della funzione contrattile ed elevato rischio di Mci vengono protetti dall’impianto tempestivo del defibrillatore. Esistono, però, condizioni transitorie di grave compromissione della funzione cardiaca che espongono i pazienti solo temporaneamente al medesimo rischio di Mci.

In queste situazioni, potenzialmente modificabili nel tempo ma ugualmente letali nelle loro manifestazioni iniziali, le linee guida internazionali prevedono l’utilizzo del sistema di defibrillazione indossabile, come nel caso della paziente ventenne.