Se a Monza vi danno dei “Bilòtt” non stanno facendovi un complimento. Nel dialetto monzese essere un “Bilòtt” significa essere un po’ stupido, una persona che fa o dice “Bilutàt”. Oggi però i “Bilott de Munscia” sono buonissimi biscotti con uova, farina, zucchero, lievito, farina di mandorle e zeste di limone.
Li ha inventati Fabio Frequellucci, in arte “Mister C” che li ha messi in vendita nei due punti vendita di piazza Duomo e via Borgazzi.
Ma quanto è dolce (e buono) un Bilòtt di Monza: la bilottata in laboratorio e il qr code del Cittadino
«In realtà – spiega – nascono da una bilottata. In laboratorio nell’impasto dei biscotti è finita della farina di mandorle che non doveva esserci. Abbiamo deciso di infornare lo stesso e abbiamo così scoperto che sono proprio buoni».
La confezione poi strizza l’occhio alla storia di Monza e con un QR code rimanda ad un articolo del Cittadino che ripercorre l’origine di questa espressione del dialetto monzese.
Ma quanto è dolce (e buono) un Bilòtt di Monza: chi era nella storia
Bilott o forse Bilotte era un generale francese di stanza a Monza nel periodo napoleonico.
Ne parla Felice Camesasca nel suo dizionario del dialetto monzese e Brianzolo (Vittone editore) in cui racconta di questo generale noto per i suoi proclami inutili che i monzesi hanno iniziato a definire con il termine di bilotatte. Sembra che fosse arrivato a prescrivere che per lavare i panni si usasse acqua e sapone e si era messo in testa di far realizzare una via di collegamento tra Villa reale e Versailles, forse per non essere da meno degli austriaci che avevano costruito la villa arciducale proprio sull’asse Milano Vienna.
Ma quanto è dolce (e buono) un Bilòtt di Monza: un dolce che caratterizzi la città
«Con questi biscotti – spiega Frequellucci – ho voluto rendere omaggio alla città e al suo dialetto. Per me è una città splendida con tante storie e monumenti che meritano di essere conosciuti».
Da qualche anno “Mister C” lavora anche perché la città abbia un dolce che la caratterizzi come avviene in molte altre città italiane.
Qualche esempio peraltro c’è: per esempio i biscotti di san Gerardo prodotto da un panificio di via Lecco, oppure il tentativo (semidolce) di recuperare il pan tramway, con la Camera di commercio, oppure ancora le Perle di Teodoloinda, sfere di frolla dolce lanciate alcuni anni fa.
Mister C: la Corona monzese e la torta Modoetia
Qualche anno fa ha messo in produzione la corona di Monza con pasta che lievita per 72 ore come quella del panettone a cui si aggiunge cioccolato fondente e marroni del Piemonte, noci di Sorrento (un tempo coltivate nel Parco), profumo di agrumi.
Anche in questo caso c’è una storia dietro ogni morbido boccone: «Ho potuto consultare il ricettario di Egidio Costa che serviva la Real Casa e ho scoperto che la corona monzese era il dolce preferito di re Vittorio Emanuele, soppiantato più tardi dal panettone».
L’ultima dolce novità è invece la torta “Modoetia” che ha i colori della città: cioccolato bianco e copertura rossa a base di amarene. «Il richiamo è al miracolo delle ciliegie di san Gerardo – spiega il pasticcere – ma ho scelto le amarene solo perché più buone».