La storia del Cittadino, ucciso dai nazifascisti e poi risorto: come è andata

Due assalti alla tipografia, poi la chiusura delle autorità nazifasciste: la storia del Cittadino è fatta di resistenza, anche. E sono passati tanti anni: l’ex caporedattore Giancarlo Nava la racconta.
I buchi dei colpi di mitra sui muri del municipio: così dice una storia tramandata da decenni
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“Il Cittadino” non fu mai un giornale ben visto dai fascisti. Già in due precedenti occasioni nel 1923 e nel 1924, gli squadristi fecero incursioni in tipografia provocando seri danni, ma non l’interruzione delle pubblicazioni, cosa avvenuta nel 1944 in seguito a un articolo non gradito alle autorità gerarchiche.

Sul numero del 15 aprile 1944, — riferisce Carlo Villa — Paolo Cenci, in un pezzo di prima pagina dal titolo “I cattolici italiani di oggi di fronte all’Italia di oggi”, alla domanda “se in questa disgraziata Italia esiste, sia pure un tentativo o un’ombra qualsiasi di autorità che non sia in contrasto con le nostre idee cattoliche, con i principi del Vangelo, con tutta la tradizione cristiana”, rispondeva: “Innanzitutto esiste un governo di fatto. Di fronte ad un tale governo (io dico il mio parere personale, si deve poter seguire l’insegnamento dell’etica cristiana: al governo di fatto, qualora questo non sia stato eletto dal popolo, è obbligatorio obbedire in tutto ciò che riguarda il bene comune: ma aiutare un tale governo, affinchè si conservi e si consolidi, non è obbligatorio, né lecito”.

La cosa non incontrò ostacoli alla preventiva censura nazista di Milano, dove era d’obbligo sottoporre in anteprima in visione le bozze del giornale. Non passò inosservata, invece, a quella severissima del ministero repubblichino dell’Interno che decretò senz’altro la soppressione del giornale. Ma il provvedimento impegolatosi nei meandri della burocrazia, alquanto inceppata, non giunse mai a Monza e il Cittadino continuò tranquillamente ad uscire. Avviò, anzi, una pratica per poter ritornare alla periodicità da quindicinale a settimanale. Ma proprio in seguito all’avvio della pratica, giunta questa sul tavolo del ministro Arrigo Solmi, ci si accorse fascicolo alla mano, che il giornale usciva senza autorizzazione dopo che era stata decretata la sua soppressione in aprile, ed eravamo in agosto.

Questa volta il provvedimento giunse davvero a Monza e, in assenza del direttore don Giovanni Casati, toccò a Carlo Battistoni recarsi al commissariato a sottoscrivere la comunicazione. Le pubblicazioni si conclusero con il numero del 19 agosto 1944.

La storia del Cittadino, ucciso dai nazifascisti e poi risorto: come è andata
La prima pagina del Cittadino nell’agosto 1945

Gli amministratori del giornale non si dettero per vinti e il 4 gennaio del 1945, nelle edicole monzesi apparve “La Domenica del popolo” il settimanale de “L’Eco di Bergamo” che ospitava in una sua particolare edizione la cronaca di Monza e di Lissone. I numeri successivi portano la data del 18 gennaio, 1 e 15 febbraio, 1-15 e 29 marzo, quest’ultimo con un lungo servizio sull’entrata di don Florindo Spinelli nella parrocchia di san Gerardo.

Le difficoltà nel reperimento della carta, costringe il giornale orobico a cessare l’abbinamento. Si cerca una alternativa che viene trovata nella ospitalità de “L’Ordine della domenica” il supplemento settimanale del quotidiano cattolico di Como. Ma gli eventi precipitano.

Arriva il 25 aprile e il Cittadino non si fa cogliere impreparato. In data 28 aprile è in edicola il numero 1 della nuova serie. In prima pagina un editoriale del direttore, don Antonio Colombo, dal titolo “Riprendendo”. I guai per la testata non sono però finiti. Dopo la pubblicazione di 12 numeri, arriva un altro stop dall’autorità “per non aver osservato certe forme volute dalla nuova burocrazia”. Su “Il Duomo” dell’8 settembre leggiamo:… “le modeste funzioni del Bollettino parrocchiale salgono all’onore ed al ruolo di supplemento straordinario pel Congresso Eucaristico Diocesano Milanese in seguito alla soppressione del nostro settimanale Il Cittadino”.

Riprende l’emigrazione verso Como per riagganciarsi a “L’Ordine della domenica” che ritorna nelle edicole monzesi per sette settimane.

II 6 dicembre 1945, esce il primo numero de “L’Araldo” bisettimanale di Monza e Circondario’ In prima pagina, scrive l’arciprete monsignor Giovanni Rigamonti: “…Persone, istituzioni e mezzi, tutti e tutto, devono diventare araldi di vita. ’Il Cittadino ’ fu sempre tale. Chiamiamolo dunque così, ora che dura necessità di cose ci impone di mutare il suo nome.

Cari monzesi ed abitanti tutti del circondario, gente profondamente cattolica e sinceramente amante di quel sacro suolo che soltanto nella pratica del Vangelo si onora e si innalza al cospetto dei popoli, accogliete volentieri il vostro glorioso settimanale e, nel nome di Cristo, per la soluzione di qualunque problema religioso e sociale, diventi ogni giorno di più -mantenga o cambi il nome, secondo le circostanze e gli eventi – il desiderato e sicuro Araldo”.

Vengono pubblicati i numeri del 13 e 23 dicembre e del 3 e 10 gennaio 1946. La settimana successiva i monzesi ritrovano nelle edicole il loro giornale il Cittadino, rivista di Monza e circondario, anno 2 numero 3. Il 9 febbraio, c’è un cambio nella testata, a sottolineare le difficoltà di ripresa della pubblicazione. Sotto il nome del giornale, sparita la dizione rivista appare la dicitura “bisettimanale politico-religioso di Monza e circondario”. Anche l’anno di fondazione si rifà all’agosto del 1898. Sette giorni dopo, avviene un’altra modifica con la scomparsa del sottotitolo. Il numero del 16 febbraio 1946, segna la definitiva e regolare ripresa delle edizioni.