Intervista a Elena Cattaneo: «La ricerca scientifica, una lotta continua»

La nomina imprevista e sorprendente a senatrice a vita, la ricerca su un gene raro, e per Stamina ha parole dure per tutti: medici, magistrati e ministro
Intervista a Elena Cattaneo: «La ricerca scientifica, una lotta continua»

E’ la più giovane senatrice a vita, chiamata dal Presidente Napolitano lo scorso anno. Elena Cattaneo è soprattutto una ricercatrice di fama mondiale, dedita allo studio della Corea di Huntington, una malattia neurologica ereditaria. È co-fondatore e direttore di UniStem, il Centro di Ricerca sulle Cellule Staminali dell’Università Statale di Milano e coordinatore di un nuovo consorzio europeo, Neurostemcellrepair.

Vive a Brugherio dopo un’esperienza al MIT di Boston. Quando la sua agenda glielo consente tiene volentieri incontri di divulgazione scientifica in diversi paesi della Brianza. Sabato mattina era a Seregno in un incontro promosso dall’associazione Obiettivo Brianza con il patrocinio della Asl e del comune di Seregno.

Professoressa ci racconta l’incontro con Napolitano?

Una sera alle sette, suona il telefono in laboratorio, dall’altra parte c’è il Quirinale. Eravamo nel mezzo della bufera Stamina e parto per Roma con i miei faldoni. Capisco però al mio arrivo che Stamina non c’entra nulla. Entro nello studio del Presidente che inizia a parlarmi dei valori della Costituzione, dei Padri costituenti, io cercavo ossigeno per respirare ed ero sempre più convinta che avesse sbagliato persona. Poi mi dice: ’Voglio nominare una scienziata come senatrice a vita, ho pensato a lei, cosa ne pensa?’. Sfido chiunque a pronunciare una frase di senso compiuto in una circostanza del genere. Il Presidente deve aver capito e il mio stato d’animo e mi ha detto una frase che non dimenticherò mai: ’Professoressa, le faccio portare un cordiale?’. A quel punto ho risposto che sarei stata onorata, ma non potevo togliere tempo alla ricerca. Il Presidente mi ha fermata: ’So tutto di lei, del gene antico e l’ultimo mio obiettivo è togliere una scienziata al suo lavoro’.

Il gene antico. Di che cosa si tratta?

Da anni studiamo il gene responsabile della Corea di Huntington, una malattia ereditaria che colpisce una persona su 10 mila. Compromette prima i movimenti (le persone colpite paiono danzare), poi la memoria fino ad arrivare alla morte per soffocamento.

Perché proprio questa malattia?

Mi trovavo al MIT di Boston e ho assistito ad una conferenza di Nancy Wexler. Oggi è una neurologa della Columbia University, allora parlava ad una platea di cui il 50% erano premi Nobel e raccontava il dramma della madre, colpita dalla malattia. Voleva reclutare ricercatori, chiedeva di unire le forze e concluse il suo intervento con un invito: “Let’s go to Venezuela”. In Venezuela sul lago di Maracaibo c’è una comunità di 18 mila persone tutte affette da questa malattia. Per uno scienziato un bacino incredibile per poter fare ricerca. Era il 1985, non c’erano i mezzi che abbiamo oggi a disposizione, cercare quel gene era come costruire la Milano Salerno con paletta e secchiello. Eppure una fortuna sfacciata ha premiato il loro coraggio e dieci anni dopo 54 scienziati di sei Paesi diversi sono riusciti a trovare il gene che è sul cromosoma 4.

Quali sono gli effetti?

C’è un video di Charles Sabine che mostro sempre ed è sempre un pugno nello stomaco. Lui è stato giornalista per 25 anni della NBC News, inviato e corrispondente in zone di guerra o gravi calamità. Suo padre è morto, suo fratello ha i primi sintomi, lui ha fatto il test e ha scoperto che prima o poi si ammalerà. Si è sposato, ha avuto una figlia che è sana, perché frutto di una diagnosi pre-impianto che in Italia la legge 40 che ora è stata smantellata, non avrebbe permesso.

Cosa significa fare ricerca oggi?

Immagino il laboratorio come una grande distesa di sabbia del deserto. Ci sono le tracce che vanno ovunque. Non c’è limite all’immaginazione, non voglio lasciare strade intentate. Il mio obiettivo è cercare il deserto più deserto: quando sei solo a cercare su una certa strada i casi sono due: o sei fuori strada o sei alla frontiera e te la giochi. Io voglio sapere perché abbiamo questo gene, quando è nato.

Cosa sappiamo ora?

Che si è formato 800 milioni di anni fa, l’abbiamo trovato nelle amebe. Studiando il gene nelle amebe abbiamo visto che nasce innocente, nella sua sequenza non c’è nessuna tripletta CAG. L’uomo ne ha tra 9 e 35, da 36 in poi si scatena la malattia. Dopo le amebe siamo passati ai ricci di mare che presentano il gene con due triplette e hanno anche il primo abbozzo di sistema nervoso, poi l’anfiosso con un sistema nervoso più evoluto, poi il pesciolino zebra (4 CAG), il topo con 7. Abbiamo dimostrato che all’aumentare del numero di triplette CAG c’è una miglior definizione del sistema nervoso. Stiamo mettendo insieme tante informazioni, ma finora questa è una storia che non cura nessuno.

Qual è il prossimo passo?

Stiamo lavorando sui topolini- santa sperimentazione sugli animali- poi faremo dei test comportamentali.

Lei è anche un luminare sulle cellule staminali di cui si parla moltissimo, spesso a sproposito. Cosa ne pensa?

E’ un ambito dopato, bisogna stare attenti. L’Italia ha raggiunto i traguardi più alti al mondo in questo campo, i nostri fari sono il San Raffaele e l’Università di Modena e Reggio Emilia. Poi mi chiedo come possa quella stessa Italia che ha dato i natali a scienziati che tutti ci invidiano, produrre anche Stamina.

Il suo giudizio sull’intera vicenda?

Nessun ha fatto il proprio dovere, ci sono due ciarlatani, medici che hanno lavorato fuori dal codice deontologico, nel silenzio dei colleghi e degli ordini dei medici, trasmissioni trash, magistrati che volevano comparire sui giornali. C’è il ministro Balduzzi che ha emanato un decreto che disconosce l’ordinanza dell’agenzia italiana del farmaco, nonostante sapesse che si iniettava spazzatura.

Lei è stata nominata senatrice a vita dopo la scomparsa di Rita Levi Montalcini. Che ricordo ha di lei?

Un incontro che tenne in università a Milano davanti a 800 studenti. A 99 anni aveva una grinta e una forza straordinaria, l’entusiasmo e la passione di un giovane di vent’anni che vuole cambiare il mondo. Come donna amo rileggere una sua frase: ’Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla, se non la loro intelligenza’.