Egregio avvocato, sono dipendente di una azienda e per lavoro utilizzo un indirizzo email aziendale.
Qualche giorno fa il mio datore di lavoro mi ha contestato di aver utilizzato la mail aziendale per scopi privati. Il datore di lavoro aveva diritto di accedere alla mail e controllare i messaggi inviati e ricevuti?
Egregio Signore,
l’argomento, di grande attualità, coinvolge alcuni principii fondamentali del nostro ordinamento. In particolare l’art. 15 della Costituzione relativo alla libertà e segretezza della corrispondenza e l’art. 4 dello Statuto dei Lavorato (Legge n. 300/1970), che disciplina le modalità di controllo a distanza delle attività dei lavoratori da parte del datore.
Mentre si è sempre escluso il potere del datore di lavoro di controllare la corrispondenza informatica degli account personali dei lavoratori, “non potendosi sostenere che il solo impiego del pc aziendale per scambiare e-mail all’indirizzo personale equivalga a rendere dette e-mail conoscibili al datore di lavoro”, più delicata si fa la questione relativamente agli account aziendali. In merito a questa tipologia di account, in passato si è sostenuto che il controllo del datore fosse legittimo.
Recentemente tuttavia si sta diffondendo un nuovo orientamento, espressione del quale può considerarsi una recente sentenza della Corte d’Appello di Milano.
Partendo da alcune pronunce della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e dalla giurisprudenza penale (che, ribadendo la distinzione tra corrispondenza ’chiusa’ e corrispondenza ’aperta’,ha esteso la tutela ex art. 616 c.p. alla corrispondenza informatica o telematica) la Corte d’Appello ha affermato che l’accesso del datore all’account di posta elettronica aziendale assegnato al lavoratore è legittimo solo in presenza di determinate condizioni; nello specifico, è necessaria una preventiva informativa allavoratore tramite contratto di lavoro e/o policy aziendale, che icontrolli sull’account siano rispettosi e “non eccedenti rispetto alle finalità perseguite e tracciabili” e che i controlli siano consentiti solo per finalità di sicurezza “nei limiti individuati dal Garante Privacy o qualora sussistano fondati sospetti nei confronti del dipendente infedele e sempre che il lavoratore sia al corrente della potenziale conservazione dei dati e della loro duplicazione”.
* Iscritto all’ordine degli Avvocati di Monza a far data dal 2007. Nato e cresciuto a Monza, ha frequentato il liceo classico e si è poi laureato presso l’università Statale di Milano Bicocca. Iscritto alle liste del Patrocinio a spese dello Stato, si occupa di diritto civile in genere ed in particolare di diritto di famiglia