Accolto il ricorso presentato dal Comune di Besana Brianza. Il consiglio di Stato ha ribaltato la sentenza del Tar. Al centro il capannone in ristrutturazione in via Visconta, acquistato da “La Pace”, un’associazione islamica renatese, con l’intento di trasformarlo in un luogo dove proporre progetti per la comunità islamica. E in particolare una Scia (segnalazione certificata di inizio attività), per la manutenzione straordinaria dell’edificio a destinazione produttiva, presentata 3 anni fa dal precedente proprietario, la società “Jo Jo srl”, poi cambiata. Nel febbraio 2020 la proprietà dell’immobile è passata dalla ditta “Jo Jo srl” a “La Pace”. Nello stesso anno, il nuovo proprietario ha chiesto al Comune di poter subentrare alla Scia, precedentemente pattuita. Domanda a cui ha fatto seguito la richiesta da parte del Comune di documentare la destinazione d’uso dell’immobile, le funzioni da insediare per valutarne la compatibilità con il Pgt, e di presentare una nuova Scia.
Centro islamico: un iter molto complesso
L’associazione, dopo aver impugnato la nota comunale avanti al Tar Lombardia, nel settembre 2020 ha presentato una nuova Scia. Documento, che, come precisato nella sentenza del consiglio di Stato, «ha previsto rilevanti modifiche strutturali ed interne all’ex-capannone, con conseguente cambio di destinazione d’uso di esso da produttivo a terziario». Il Comune ha così deciso di annullare in autotutela la Scia del 2019 e di invalidare la nuova Scia, vietando la prosecuzione dei lavori all’interno dell’edificio.
Centro islamico: accolto il ricorso comunale
Decisione che non è stata ben accolta da “La Pace”. Tant’è che nel 2021, ha presentato ricorso al Tar contro l’ente besanese. Il ricorso era stato accolto dai giudici del tribunale amministrativo regionale, che avevano dichiarato irregolare il provvedimento comunale. Con il via libera del Tar, era venuto meno l’annullamento della Scia, e quindi era inesorabilmente crollato anche il divieto di continuare l’opera di riqualificazione. In risposta, il Comune ha presentato ricorso al consiglio di Stato contro la sentenza del Tar. Con sentenza pubblicata il 12 settembre, l’organo ha accolto il ricorso presentato da Villa Borella, condannando l’associazione al pagamento, a favore del Comune, delle spese del doppio grado di giudizio, pari a 8mila euro, oltre Iva ed accessori come per legge. La sentenza ribalta la precedente pronuncia del tribunale amministrativo regionale della Lombardia.