I videogiochi come terapia per curare traumi, Neet, dipendenze e hikikomori

Uno studio coordinato dalla Milano Bicocca che sfrutta le potenzialità del gaming per ricucire relazioni e non solo.
I videogiochi come terapia
I videogiochi come terapia Freepik

I videogiochi possono essere una terapia. Lo sostengono i ricercatori dell’università Milano Bicocca che aveva già sperimentato la videogame therapy con il personale sanitario in piena emergenza Covid.
«Usare i videogiochi come strumento creativo in un percorso terapeutico – spiegano i ricercatori – può essere d’aiuto per superare i traumi, per curare dipendenze, ma anche per aiutare i giovani Neet che non studiano e non lavorano, i “ritirati sociali” (hikikomori, con un termine giappone diventato di uso comune, nda), ma anche i casi di disturbo da deficit di attenzione, l’autismo per favorire l’autoregolazione cognitiva e gli alunni con disturbi dell’apprendimento».

I videogiochi come terapia: lo studio alla Milano Bicocca

Lo studio dal titolo “Putting the Gaming Experience at the Center of the Therapy —The Video Game Therapy Approach”, è stato scritto da Marcello Sarini, ricercatore di informatica del Dipartimento di psicologia di Milano-Bicocca, insieme a Francesco Bocci, psicoterapeuta Adleriano, e Ambra Ferrari, esperta di ludonarrativa, ed è stato recentemente pubblicato sulla rivista Mdpi Healthcare.

L’approccio presentato si fonda sul concetto che i videogiochi offrono la possibilità di interagire in uno scenario immaginario, concretizzato visivamente grazie al supporto video-digitale. In tale scenario, il paziente può esprimere gli aspetti salienti di sé in assoluta libertà e con meno difese rispetto al ricorso esclusivo al dialogo. Questo avviene grazie sia alle proprietà immersive del videogioco che rendono l’esperienza ludica particolarmente spontanea sia grazie all’attivazione dell’esperienza di “flow”, nel quale i due emisferi sono in equilibrio rispetto alle sfide e agli obiettivi che il gioco richiede ed interagiscono tra loro in modo equilibrato.

All’interno di questo tipo di approccio vengono integrate varie tecniche psicologiche, quali, l’ascolto attivo, le libere associazioni, l’esposizione allo stimolo, la catarsi, la desensibilizzazione rispetto ad un ricordo/evento traumatico.

I videogiochi come terapia: come funzionano

«Il gaming -spiegano i ricercatori- riattiva, infatti, dinamiche “proiettive” e “difese primordiali” in un ambiente “protetto” e “regolato”. Il “fare” “giocando” nella relazione permette così al terapeuta e al paziente gamer, di “immaginare” nella relazione, di far rivivere proiezioni e identificazioni, come anche vissuti emotivi, traumi passati, ricordi d’infanzia, senza rimanere incastrati in essi, ma dandone un significato adattivo e creativo».

Lo studio approfondisce inoltre come, attraverso sessioni di gioco, usando il videogioco più adatto per il paziente, il paziente stesso possa raggiungere uno “stato di flow”, e che questa esperienza sia facilitante per affrontare i suoi traumi e le sue difficoltà. «È attraverso questa esperienza, – spiega Marcello Sarini – che il terapeuta come alleato del paziente in una coppia terapeutica, può utilizzare i diversi approcci e tecniche che la psicoterapia mette a disposizione, per risolvere le problematiche del paziente».