Finalmente a casa i due brianzoli bloccati in Burkina Faso dopo il colpo di Stato

Sono tornati a casa i due brianzoli bloccati in Burkina Faso dopo il colpo di Stato del 17 settembre. Angelo Bona è tornato nella serata di venerdì, la studentessa lesmese Silvia Platania è rientrata nella mattina di sabato. Entrambi erano in Africa per una missione umanitaria.
Lesmo, la studentessa Silvia Platania con alcuni bambini burkinabè.
Lesmo, la studentessa Silvia Platania con alcuni bambini burkinabè. Gabriele Galbiati

Sono tornati a casa i due brianzoli bloccati in Burkina Faso dopo il colpo di Stato del 17 settembre. Angelo Bona, 57 anni, casa a Seregno ma attività a Carate Brianza, è tornato nella serata di venerdì, la studentessa lesmese Silvia Platania è rientrata nella mattina di sabato. Entrambi erano in Africa per una missione umanitaria.

«Almeno posso dire di aver vissuto un pezzo di storia in prima persona», scherzava la lesmese prima di partire. La ragazza era riuscita imbarcarsi venerdì dopo aver rimandato per due volte la partenza, anche a causa di uno sciopero durato fino a giovedì 24 settembre.

La situazione del paese, dopo il colpo di stato, sembra essere tornata alla normalità: l’epopea del generale Gilbert Dienderè non è durata nemmeno una settimana. Dopo aveva rapito il premier Yacouba Isaac Zida, il presidente Michel Kafando e due ministri, il gruppo armato di cui era alla guida lunedì 21 aveva alzato bandiera bianca ritirandosi e rilasciando gli ostaggi. Il governo ha potuto dunque riprendere il suo mandato in preparazione delle prossime elezioni previste per l’11 ottobre.

«Dopo le concitate ore che abbiamo passato la scorsa settimana, il clima qui è tornato abbastanza tranquillo – ha raccontato la studentessa – La scorsa domenica la Farnesina era riuscita a trovare un autista che fosse disposto ad accompagnare sia me sia la mia collega dalla città di Bobo Dioulasso, dove ci trovavamo per la missione, sino alla capitale. Arrivate li ci siamo subito fiondate in aeroporto per aspettare che il nostro volo partisse». Ma prima i militari le hanno fatto abbandonare l’edificio a causa del coprifuoco, poi è incappata nello sciopero che ha bloccato le partenze fino a giovedì.

Sarebbe dovuto rientrare in Brianza sette giorni fa anche l’imprenditore Angelo Bona, che invece giovedì è riuscito a imbarcarsi solo dopo aver pubblicato una foto davanti alla scaletta dell’aereo accompagnata da queste parole: «In tutte le cose non c’è un inizio o una fine, solo il fare. E voi, cari Amici, avete fatto moltissimo con i vostri mezzi e con la vostra vicinanza. Non è la fine di un’esperienza ma l’inizio di una consapevolezza: sono convinto che la forza che mi avete trasmesso assieme a mio figlio, vi ritornerà ancora più grande. Vi assicuro che volare non è mai stato così bello».

Era arrivato in Africa tre mesi fa, a fine giugno, come volontario della onlus Movimento Shalom. Pronto a fare rientro in Italia, è stato catapultato in un incubo. Sono stati giorni di preoccupazione per parenti e amici. «Ringrazio tutti quelli che in questi giorni mi sono stati vicini, in particolare mio figlio Matteo e Doretta Nobili, che è stata come un angelo. Grazie anche al sindaco Edoardo Mazza per aver contattato il ministro degli Esteri Gentiloni», aveva detto lui prima di partire.

«Nella notte tra mercoledì e giovedì di settimana scorsa – ricorda – qui è scoppiato il golpe e io, che in questi mesi sono stato a Fada N’gourma e proprio giovedì avrei dovuto raggiungere la capitale, per poi tornare a casa, non ci sono riuscito». Solo domenica, con un viaggio di tre giorni tra mille peripezie su strade invase dai manifestanti in rivolta, l’imprenditore seregnese è riuscito ad arrivare nella capitale Ouagadougou.

«È stata dura: ero solo – racconta – , senza viveri e senza soldi. Sono andato per cinque volte in aeroporto e per cinque volte sono andato via con la mia valigia piena in mano. Sono riuscito a mangiare solo mercoledì, quando mi sono ritrovato davanti all’aeroporto chiuso e, dopo aver contattato la Farnesina, l’ambasciata mi ha fatto venite a prendere per portarmi in una struttura protetta con una dozzina di altri italiani pronti a tornare a casa».

Bona era alla sua prima missione: «Avevo espresso ad Andrea Cristiani il desiderio di rendermi utile, dando la mia disponibilità per tre mesi. So di essere fortunato a potere fare certe cose ma credo che chiunque lo possa fare, lo debba fare. Non mi sento speciale».

Nei suoi mesi in Burkina, il 57enne ha seguito i ragazzi che si stanno costruendo un futuro nelle scuole per panettieri, falegnami e meccanici, nel pieno spirito dalla onlus per cui era in missione.